è di nuovo venerdì e seguendo la traiettoria del volo di un moscone – dal ronzio più emozionante di tante cose sentite ultimamente – ho percepito l’esigenza, da parte dell’Universo, di sapere (anche) la mia sulle ultime pubblicazioni musicali del Belpaese; è per questo che, signore e signori, ho deciso di comunicare urbi et orbi il mio bollettino del giorno sulle nuove uscite del pop italiano. Sì, quel tragico, ribollente pentolone traboccante degli sguardi impietosi di chi dice che la musica nostrana fa schifo, di chi “parti Afterhours, finisci XFactor”, di “Iosonouncane meno male che esisti”, di “Niccolò Contessa ma quando ritorni”, di Vans, libri citati mai letti e film repostati mai visti che ogni venerdì rinfoltisce la sua schiera di capipopolo di cuori infranti con una nuova kermesse di offerte per tutti i gusti e i disgusti. Ecco, di questo calderone faccio parte come il sedano del soffritto, quindi non prendete come un j’accuse quello che avete letto finora: è solo un mea culpa consapevole ed autoironico – ridiamoci su! che una risata ci seppellirà , per fortuna, prima o poi – a preparare lo sfortunato lettore alla breve somma di vaneggi e presuntosi giudizi che darò qui di seguito, quando vi parlerò delle mie tre uscite preferite del weekend, e della mia delusione di questo venerdì. Sperando di non infastidire nessuno, o forse sì.

GAZEBO PENGUINS, Nubifragio

Ritorno al solito gusto di benzina e dinamite, per uno dei rientri sulla scena più attesi del weekend: i Gazebo intelaiano un’invettiva contro ogni sogno che finisce che nel cestino, farmaco per ricordarci che a volte i peggiori nemici di noi stessi siamo, guarda un po’, proprio noi stessi. Solite chitarre infiammate dal sacro furore del rock’n’roll con un testo che si conferma all’altezza bombarola di ciò a cui i Pinguini (quelli buoni) ci hanno da sempre abituato. Con tanto di sax capace di rendere il tutto ancora più suggestivo.

GREGORIO SANCHEZ, Nelle parole degli altri

Parte il brano e ti viene da pensare ad un inedito connubio tra Manu Chao e Kings Of Convenience, nella resa riuscita di una canzone d’amore che si muove su belle parole e ottime melodie, in pieno stile Sanchez: cinica ironia, delicata esplosione di non detti, esistenzialismo alla portata di tutti che esplode in modo decisamente pop in un ritornello che ricorda a tutti che siamo fatti della stessa materia dei pensieri.

ENRICO RUGGERI, Non sparate sul cantante

Allora, devo dire che a primo ascolto mi sono un po’ spaventato, sarà  stata l’atmosfera da Sergio Leone, sarà  il contenuto e la forma di un testo che è davvero in pieno stile Ruggeri (quindi, comunque, voto 10 alla coerenza), sarà  lo storytelling che mi riporta più ai telefilm di serie B che ad un ritorno roboante; fatto sta che, al terzo ascolto, il brano mi fa saltare sulla sedia domando lo schienale a mo’ di Ronzinante: ci sono ancora mulini a vento da combattere, e alla fine Enrico non ha perso lo smalto. Il tempo passa, ma preferisco chi sa invecchiare con la solita rabbia a chi invece cerca di coprire le guadagnate rughe a colpi di giovanilismo spicciolo. Mi sono ascoltato tutto il disco, pubblicato a marzo e passatomi colpevolmente inosservato, e credo che meriti eccome l’ascolto.

SEREPOCAIONTAS, Eschimesi

Solita delicatezza che pare quasi una carezza nel buio dell’incipiente autunno, il nuovo singolo di Serena: una buona produzione dalle tinte quasi urban che ben s’incastra su un giro armonico a metà  tra Radiohead e it-pop; una buona combinazione, inaspettata, che aiuta il brano a mantenere una propria precipua identità . Il testo è caruccio, e alleggerisce cuore e cervello con una certa disinvoltura, con estrema naturalezza.

SCARAMUZZA, Gli angeli

Una canzone che s’insinua con la calma del farmaco tra le venature screziate della pelle, in cerca di un porto di riparo adatto ad accogliere la delicatezza della sua poesia: Scaramuzza, a distanza di una manciata di settimane dal ritorno con “Sono fatto così”, si rimette in pista per mostrare all’ascoltare la via verso un disco, quello che uscirà  presto, che sembra davvero fatta di cose giuste, piccole e bellissime. Con la solita tenerezza che contraddistingue la scrittura di Marco, e l’occhio (o meglio, l’orecchio) di Novecento.

CLEMENTE GUIDI, Corri corri

Che bel timbro, che bella presenza vocale per uno dei nuovi volti della scena nazionale, Clemente Guidi, cantautore giovanissimo ma con idee ben chiare circa la portata del suo talento; almeno, così confidiamo, perchè le nostre, di idee su di lui, sono davvero chiarissime: “Corri corri” è insieme una canzone e un’esortazione a non smettere di mettere in moto il cuore, perchè la primavera altro non è che uno stato d’animo.

BRX!T, Salta l’intro

C’è una fotta indescrivibile, nel singolo dei BRX!T, che mescolano polvere da sparo e distorsioni in un brano che non solo fa saltare l’intro, ma fa saltare anche te sulla sedia dove ti sei addormentato ascoltando il resto delle uscite del venerdì. Una mitragliata che colpisce al cuore e, prima ancora, al cervello: il risultato è una voglia di guerriglia che diventa difficile ignorare.

IL CORPO DOCENTI, UOLFGANG, Non ci avranno mai

La svolta pop della band lombarda ormai fa conquiste sin da primo ascolto, e il brano sa scivolare molto bene sulle frequenze di un pop-rock che incontra un certo gusto mainstream grazie alla produzione giusta del tutto; la canzone parla d’amore, morte e altre sciocchezze (semicit.) e s’invola bene sul ritornello mescolando influenze diverse nella restituzione di un melpot che compiace e piace.

OTTO X OTTO, Guerra di fianchi

Sound un po’ Coma_Cose sulle strofe (un po’ tanto, ma sta bene lo stesso) per arrivare all’esplosione pop di un ritornello che, a colpi di reggaeton “mascherato”, fa salire la tensione del tutto. La scrittura è interessante e le vocalità  anche, capaci di sposarsi con efficacia valorizzandosi vicendevolmente. Da nudi siamo più veri, ci sta: la sensualità , quella che porta alla libertà , intride il brano e lo rende più “pregno”.

RAGAZZACD, ALESSANDRO BARONCIANI, GIUNGLA, Lucida

Torna un nuovo episodio del progetto onirico di Baronciani e della creatura ormai collettiva RAGAZZAcd, che racconta sè stessa attraverso le voci delle principali interpreti del nuovo cantautorato nazionale; le sfumature elettroniche qui trovano il timbro giusto di Giungla, che disegna nell’aria una messa a nudo, quasi faticosa, che diventa di tutti.

LORENZO FRAGOLA, MAMELI, Testa x aria

Il brano parte per bene, con una strofa che mantiene il fiato sospeso prima di riaggrapparsi alla concretezza leggera di un ritornello che sembra scritto (e forse lo è) per le hit parade, ma di quelle di gusto: un brano che respira di una sua poesia, e ricorda tra le sue trame tante cose belle. Mica male.

PABLO AMERICA, Lonely Boy dei Black Keys

Che matto, il solito Pablito, che entra come sempre dalla panchina, quando meno te lo aspetti, e ti risolve il weekend con un colpo al sette al novantesimo che non può che ricordare l’omonimo campione del mondo dal cognome più diffuso in Italia. C’è un’aura di sacralità  nel nuovo singolo di America, che fa da contraltare alla scrittura a metà  fra il cinico e l’onirico del brano: il tutto, con un tocco autorale che permette a noi di raccontare Pablo come uno dei nomi più interessanti della nuova scena cantautorale nazionale.

BOREALE, Merito

Solito (buon)gusto itpop per Boreale, nome che di certo non è sconosciuto a questo bollettino: il cantautore romano mette insieme tutto ciò che di buono (oddio, “di buono, avvocato””…) ha tirato fuori il mainstream negli ultimi dieci anni, dai Thegiornalisti ai PTN, ricombinandolo in una scanzonata serenata che farebbe sorridere anche il più disilluso fra gli innamorati. Il ritornello è da hit.

MARGANO, Cado sempre

Bel piglio urban per la nuova release di Margano, che con una buona scrittura melodica riesce a disegnare mondi che brillano con semplicità , sposando un certo gusto tipicamente americano, quasi a la Broadway, alla scrittura tipica della canzone italiana. Un buon connubio, che permette al tutto di stare in piedi con poche, pochissime cose: un piano elettrico, e una voce.

TREVISAN, Tutti fuori

Perchè no, il nuovo singolo di Trevisan riesce a convincere fin da primo ascolto con una giusta dimensione da folksinger che richiama mondi amati (almeno, dal sottoscritto) della canzone nostrana – e non solo. La ballata di Trevisan è una bella poesia d’amore, di riflessione esistenziale e di pentimenti, che aiuta a rimettere in moto la macchina del cuore.

LJB, Troppo in fretta

Atmosfere che sembrano cupe abbastanza da dare una casa a tutti noi fottuti malinconici, sempre pronti ad annegare nelle nostre crisi d’ansia: LJB racconta le partenze di tutti, sopratutto quelle che, alla fine, non partono mai, in una ballata dal retrogusto pop-rock che incontra un taglio che richiama al mainstream con una certa naturalezza. E c’è pure qualcosa della “canzone italiana” vecchia scuola.

LUCA MAZZIERI, Quasi mai (album)

Mica male il disco di Mazzieri, che ricorda un po’ Baccini, un po’ Carboni, un po’ Bennato, un po’ Brunori, insomma, una serie di cose che mi piacciono parecchio, in una salsa a tratti beat, a tratti pop-rock, a tratti apertamente “folksinger”: un bel melpot di cose che conquistano a colpi di simpatia, e di ironica poesia.

ALOSI, STEVIE CULTURE, Downtown

Old school che mescola hip hop e reggae in odore di afrobeat per Alosi e Stevie Culture, che aiuta a riscoprire l’odore della ganja che si mescola al sentimento di una resurrezione quasi rivoluzionaria: il testo è da godere e da far vibrare dal basso ventre fino alle sinapsi del cervello.

FERRETTI, Radici

Ah, già  dal titolo sono convinto: c’è una bella ricerca di appartenenza nel nuovo singolo di Ferretti, che riflette la sua vita nel giro di una messa a nudo che dimostra anche una buona attitudine al canto, oltre che alla scrittura. Un buon lavoro che magari non rompe schemi, ma aiuta a riconoscersi in qualcosa che sembra appartenere a tutti: alcune immagini sono davvero belle.

LA FINE DEL MONDO, Non è vero che mi manca

Non conoscevo La Fine Del Mondo e devo dire che il suo nuovo singolo non mi dispiace affatto: c’è una chiara discendenza poetica da mondi che mi piacciono, e che risultano ben “digeriti” nelle scelte timbriche e autorali di un artista da tenere d’occhio. Il brano è una buona ballad, che fa salire una buona curiosità . C’è anche una mezza citazione a Rino, che aiuta il romanticismo del tutto. Non è “Ahi Maria” ma aiuta lo stesso a superare il weekend.

IOFORTUNATO, Cappotto Verde

Bella storia il nuovo singolo, il secondo, di Iofortunato, che mette in piede un bel sound che sta comodamente a cavallo tra cantautorato contemporaneo (su tutti, il Brunori di “A casa tutto bene” per quanto riguarda la produzione, ma anche qualcosa di Dimartino nelle linee melodiche e timbriche) e l’urban “made in Italy”, grazie all’efficacia di una produzione che permette alla struttura della canzone di prendere il volo, e librarsi con leggerezza sulle scorie di un release-friday piuttosto scarno, e scarso.