Ridendo e scherzando siamo arrivati al diciottesimo album a firma Simple Minds, leggendaria band scozzese che credo proprio non abbia bisogno di presentazione alcuna. Gli inossidabili Jim Kerr e Charlie Burchill proseguono la corsa verso il mezzo secolo di carriera ““ manca davvero poco, appena cinque anni ““ con un disco che non aggiunge assolutamente nulla alla loro già  ricca e fortunata storia.

Partiamo subito col dire che in “Direction Of The Heart”, concepito nel pieno del lockdown del 2020, si avverte in maniera chiara una certa stanchezza dal punto di vista creativo. Togli le coriste, togli qualche arrangiamento più raffinato e resti con il classico pop rock radiofonico trito e ritrito, moderno nei suoni ma vecchio (se non addirittura vecchissimo) nello stile.

Chiariamoci: a me personalmente questa roba da Radio Capital fa sempre piacere ascoltarla ““ spesso, e non solo di tanto in tanto – ma, nel profondo, so bene che non sarà  in grado di lasciarmi niente più di qualche motivetto da fischiettare. Tastiere e atmosfere sintetiche (che pure non sono in alcun modo delle novità  in casa Simple Minds) aggiungono un po’ di profondità  a un’opera interessante in più punti ma sostanzialmente piatta, nata già  vecchia e incapace di far trasparire quei segni di vivacità  ed entusiasmo che erano alla base dei classici anni ’80 della band di Jim Kerr – la cui prova al microfono, tra l’altro, mi è sembrata abbastanza debole, credo per motivi legati al triste avanzare dell’età .

Dispiace dover scrivere cose cattive nei confronti di un grandissimo nome del passato, ma è l’unico modo per aggiungere polpa a una recensione difficile perchè, detto in maniera molto onesta, l’album in questione è così superficiale da offrire pochi spunti per ragionamenti più approfonditi.

Non delude, non conquista ma convince a fasi alterne con una ricetta che più abusata non si può: molto arena rock con ritornelli acchiapponi, una spolverata di synth-pop dal gusto moderno, un po’ di new wave per soddisfare la vecchia guardia e un pizzico (ma proprio un pizzico”…) di post-punk per placare la fame dei fan della primissima ora. Sufficienza assicurata grazie a brani ben fatti come “Vision Thing”, “Solstice Kiss”, “Act Of Love” e “Natural”.

Photo credit: Dean Chalkley