Taylor Swift rinnova la lunga e fortunata collaborazione con Jack Antonoff, pluripremiato re Mida del pop moderno, per la sua decima fatica in studio intitolata “Midnights”. Tredici tracce (sette in più nella versione deluxe ribattezzata 3am Edition, dove tra l’altro troviamo un ospite di peso come Aaron Dessner dei National nelle vesti di compositore e produttore) per una sorta di concept album nato col favore delle tenebre, in quanto figlio delle elucubrazioni mentali notturne dell’artista statunitense che, a quanto mi sembra di aver capito, ha qualche problema di insonnia.

Chi lo avrebbe mai detto? Anche una diva come Taylor Swift, da quasi due decenni sulla cresta dell’onda, soffre e talvolta fa fatica ad addormentarsi, proprio come noi comuni mortali. In una serie di brevissimi video (o stories, come quelle di Instagram) pubblicati su Spotify è lei stessa a rivelarci le cinque cose che non le fanno chiudere occhio la notte, tutte fondamentali nel plasmare le atmosfere e i temi ““ talvolta intimi, talvolta criptici ““ di “Midnights”: il disprezzo per se stessa, le fantasie di vendetta, gli interrogativi sul passato, l’amore (o meglio, le prime fasi dell’innamoramento) e i fallimenti.

A questo punto, considerando le premesse, ci si aspetterebbe un album aspro e nervoso, attraversato in lungo e in largo dall’ansia e dalle numerose fisime della sua autrice. E invece “Midnights” ci sorprende in negativo col suo pop cristallino ma alquanto fiacco, privo di vivacità  e mordente nonostante gli sforzi profusi da Swift e Antonoff nel confezionare un prodotto di qualità  superiore.

Lo chiamo prodotto perchè, dietro le note dolci e tenere, l’elegante minimalismo elettronico e le strizzatine d’occhio a certe sonorità  alternative (il dream pop in primis, inteso nelle sue vesti più moderne), si cela il tradizionale lavoro costruito ad arte per scalare le classifiche, pieno zeppo di potenziali hit (“Anti-Hero”, il singolo di lancio, sta già  facendo sfracelli in questo senso) impreziosite da motivetti incalzanti e ritornelli capaci di stamparsi in testa sin dal primo ascolto.

La macchina del marketing, spietata e ossessiva, ha funzionato a meraviglia nel promuovere l’album, con contenuti a pagamento un po’ ovunque (le pagine social della versione statunitense di Rolling Stone continuano a essere monopolizzate da Taylor Swift) e strani messaggi ““ un po’ invadenti, un po’ inquietanti ““ lanciati da Spotify, dove più volte mi sono apparsi pop un che mi invitavano a iniziare o terminare l’ascolto del disco.

Proverò a spiegarmi meglio. Qualche giorno fa, mentre stavo ascoltando i Cathedral (che facevano doom metal, quindi un genere che col pop mainstream non ha proprio nulla in comune), sullo schermo del mio smartphone è comparso un banner ““ un qualcosa di simile alle call to action che si usano su internet per essere dirottati sulle landing page, ovvero le pagine di destinazione delle campagne pubblicitarie ““ con il bel pulsantone dell’Ascolta ora e un invito insolito che mi permetto di riportare qui alla lettera: 55% di ascolto di Midnights, il nuovo album di Taylor Swift, completato. Continua ad ascoltare per raggiungere il 100%.

Siamo arrivati a questo, caro mio algoritmo di Spotify? Che ti frega se ho ascoltato il 5, il 10, il 20 o il 70% di un disco? Saranno cavoli miei se non l’ho ancora finito? E se raggiungo il 100% che succede, vinco un trofeo? Immagino che al giorno d’oggi sia normale ricevere simili avvisi quando ci si mette all’ascolto degli artisti più celebri. Personalmente, nella mia ingenuità , ho vissuto questa minuscola ma spiacevole intromissione come un abuso.

Non provano semplicemente a farti piacere Taylor Swift. Te la impongono, e tu non puoi dire una parola a tal proposito. Stai sentendo “The Carnival Bizarre” dei Cathedral? Interrompi subito! Ascolta ora “Midnights” di Taylor Swift! Ma non fermarti al 55% dell’album, sii uomo e arriva al 100%! Io alla fine il disco me lo sono sorbito tutto. Volete un parere? Gradevole, ben fatto (i livelli delle professionalità  coinvolte sono molto alti) ma veramente molto, molto palloso.

Gli avrei messo un 6,5 senza problemi ma ho deciso di togliergli un punto per i motivi appena presentati. Il pop commerciale può e deve essere promosso alla stregua di un oggetto di consumo ma questa forma di marketing disumano e iper-digitale non fa altro che svilire il prodotto in vendita, mettendo totalmente in ombra quel po’ di contenuto artistico che comunque c’è. Non essendo un algoritmo non vi consiglio l’ascolto integrale dell’opera, ma brani come “Lavender Haze”, “Maroon”, “Snow On The Beach” (con la guest star Lana Del Rey), “Labyrinth” e “Karma” (canzone veramente molto bella, a mio modesto parere) non sono male per niente.