Il nuovo film di Damien Chazelle è la accozzaglia delle accozzaglie. Tra la critica cinematografica spaccata a metà e la critica del pubblico, anch’essa divisa, possiamo annoverare l’opera monumentaria del regista come la sua più riuscita.

Sembra paradossale quello che ho appena scritto, ed è così: “Babylon” è effettivamente un miscuglio di varie tematiche, dall’omaggio al cinema fino alla storia di quest’ultimo nel passaggio muto-sonoro; dall’edonismo della Hollywood degli anni ’20 del Novecento agli eccessi attoriali fuori dal set; dalla scena underground di Los Angeles (che più underground di così non si può) fino allo sviluppo di una critica cinematografica che anch’essa deve adeguarsi ai cambiamenti tecnologici.

Di tutte queste tematiche troviamo tre grandi attori protagonisti ossia Brad Pitt e Margot Robbie (rispettivamente due icone del cinema muto che affondano nel baratro del dimenticatoio al cambio con il registro del suono) ed infine Diego Calva, il ragazzo messicano innamorato del cinema che non vuole diventare attore sentendosi adeguato nello stare backstage. Questi tre personaggi vivono il cambiamento, il cinema, il jet set a modo loro e tutti e tre riescono a trasmettere le loro insicurezze, i loro eccessi, persino i loro pensieri al pubblico che guarda. Un po’ come se fosse una giustificazione alle loro azioni non controllate.

La musica inoltre fa da grande protagonista, rendendo il prodotto di Chazelle (come sempre) un oggetto di pregio unico nel panorama cinematografico: sono incalzanti le musiche, seguono il movimento degli attori, il cambiare delle scene, il cambiare dei sentimenti e delle espressioni anche delle più lontane comparse. Forse è proprio la colonna sonora a fare da collante tra i vari temi, facendo sì che il film montato riesca in qualche modo a reggersi da solo.

L’accozzaglia è reale, non c’è cosa più evidente: anche il finale, fidatevi di me, vi lascerà sconcertati perché non saprete darne una valutazione realistica. Eppure, e dico eppure, la bellezza di questo film (oltre alle scenografie, ai costumi, alla musica, e via dicendo) è proprio questa: la sua accozzaglia. Perché Chazelle ha realizzato qualcosa di effettivamente epico, inserendo tutto quello che a lui sta a cuore in un solo e lunghissimo film sapendo benissimo di andare a fare cosa non gradita. Siamo così oramai pieni di quei prodotti che vogliono omaggiare il cinema che qua siamo all’antitesi: che noia vedere il lato positivo di quello che esso ha fatto alle persone, basta storicizzare gli eventi rendendo il tutto didascalico. Qua si è raccontato l’eccesso, la disperazione, la depressione e così via di un mondo oramai morto e risorto più volte, aggregando tante cose e incollandole grazie alla grande colonna sonora

Sì, sono partito dando un giudizio negativo per poi arrivare ad un giudizio positivo. Sarò bipolare? Sarò cretino? Probabile, ma Babylon è il film che più vi farà schifo quest’anno solo perché non lo capirete fino in fondo. Ma non dovete farvene un cruccio, dopotutto l’arte è soggettiva. Cercate solo di andare oltre, di apprendere a pieno quello è che il messaggio (o il non-messaggio) che vuole essere trasmesso. Chazelle in questo caso fa quello che gli pare, lo fa con il suo stile oramai ben definito e lo fa maledettamente bene.