Una copertina colorata, psichedelica, i tratti del volto che ricordano il profilo di Laura Nyro in un sobrio e lunare bianco e nero. Colpisce inutile negarlo la veste grafica scelta da Emma Tricca per il suo quarto album e primo su Bella Union, etichetta prestigiosa che ha adottato la musicista di origini italiane e potrebbe farla conoscere a un pubblico più ampio.

https://bellaunion.com/artists/emma-tricca/

Credit Christine Navin
Credit: Christine Navin

“Aspirin Sun”, registrato tra Londra e New York, è un viaggio tra ricordi, dolore e perdita suonato con il contributo di una famiglia musicale di alto lignaggio: Steve Shelley (Sonic Youth) Jason Victor (Dream Syndicate) e Pete Galub. Un disco influenzato dalla morte di un padre molto amato, da Wim Wenders e Fellini, dall’aver letto “Mattina” di Ungaretti da bambina senza mai dimenticare la sensazione provata in quel momento.  

La voce di Emma Tricca è sempre delicatissima, quasi d’altri tempi in “Devotion” ed eterea in “Christodora House” che trasporta nell’East Village con le mille luci cittadine evocate dall’intenso intreccio tra chitarre e batteria in un crescendo elegante.

Calda e malinconica è invece “Autumn’s Fiery Tongue” con un arrangiamento dove toni elettrici e acustici creano belle atmosfere, che contagiano anche “Leaves” e la sua voglia di scappare lontano. “Rubens’ House” ha la forza e l’ambizione di raccontare molte storie un’immagine dopo l’altra, con un finale deciso e luminoso, profondamente psichedelico, mentre “Through The Poet’s Eyes” è psych folk dolce, teso e grintoso.

Otto brani fatti di contrasti ben armonizzati, che non rinnegano ma si allontanano progressivamente dal folk puro per esplorare altre strade, i sentieri di “King Blixa” e di una “Space And Time” dall’anima spettrale e dal cuore mariachi che farebbe inorgoglire Calexico e Yo La Tengo, degna conclusione di un disco dal passo cadenzato e dall’appeal cinematografico.