Gli Enter Shikari sono proprio uno di quei gruppi che sin dal proprio debutto ha cercato di reinventarsi in ogni modo possibile – effettivamente riuscendoci, album dopo album. Anche con il nuovo disco, “A Kiss for the Whole World”, la loro inventiva non ha accennato a diminuire, al punto che con questo disco la band ha letteralmente conquistato le classifiche inglesi. Noi non possiamo che chiederci, però: a che costo? 

Credit: Jamie Waters

La direzione presa da questo albumsembra confusa, a tratti caotica, come se cercasse di unire tutti gli elementi tipicamente vincenti degli Shikari senza un piano preciso in mente. L’album incorpora una lucida patina pop che ricorda “The Spark”, un’elettronica di fine anni Duemila come “Common Dreads”, occasionali momenti di urla simili a “The Mindsweep” e “Take to the Skies”. Tutto questo però si unisce dando vita a un guazzabuglio di vari suoni, toni e timbri che non propongono nulla di particolarmente interessante. Il ritornello regna sovrano grazie a brevità e melodie orecchiabili; alla fine quello che ne viene fuori è un miscuglio iperattivo con esiti contrastanti, potremmo dire.

Il lato positivo è che l’album è sicuramente orecchiabile. Brani come “Bloodshot” e “A Kiss for the Whole World x” fondono riff pesanti e synth elettronici che restano facilmente in testa, come anche “Leap Into The Lightning” e “Jailbreak”. Resta però un disordine di fondo, qualcosa che non risuona bene, soprattutto se paragonata alla precisione magistrale mostrata nei due album precedenti. Le canzoni e il missaggio sembrano rudimentali, per non parlare dei testi: se in album come “A Flash Flood of Colour” le parole di Reynolds centravano dritto il punto e non si facevano problemi a combattere le posizioni più conservatrici, adesso i suoi testi sembrano… Insapori. Insipidi, addirittura. Più che i testi di un gruppo ormai fatto e cresciuto come gli Enter Shikari, sembrano quelli di una band nata appena, o perlomeno non così tanto politicamente coinvolta come invece hanno dimostrato di essere i quattro in precedenza. Si tratta purtroppo di un disco decisamente insoddisfacente, soprattutto considerando quanto l’ultimo lavoro “Nothing is True & Everything is Possible”  avesse alzato l’asticella delle aspettative. È pur vero che il disco nasce da una grande crisi artistica del cantante, privo di ispirazione causa isolamento da lockdown: forse è un modo per ricordarci che dalle ceneri non sempre risorge una fenice, a volte va bene rinascere e basta. “A Kiss For the Whole World” non è un disco memorabile, qualche perla a parte: e per questa volta va benissimo così.