Fonte: US
Credit: Gianvincenzo Pugliese

Parla da solo, il disco d’esordio di Maelstrom, finendo per far suonare come “di troppo” ogni parola che si può dire al riguardo che non sia “ascoltalo”.

Sì, perché il cantautore piemontese ha cullato per lungo tempo la tracklist densa di un debutto che sta già rivelando parecchio sul futuro dell’artista, oltre a raccontare storie che vengono dal suo passato, affondando nell’infanzia: “R.R.” è una nave pirata che sembra volersi muovere in direzione ostinata e contraria rispetto al moto dei venti e dei mari del mainstream, pur cavalcando l’onda di una innata “musicalità” che il tocco di Maelstrom indubbiamente possiede.

Un lavoro importante, da analizzare lasciandosi naufragare in un ascolto attento, e finalmente interessato: quale miglior mappa, prima di prendere il largo e per non perdere poi più la rotta, dell’intervista che segue?

Ciao Alessandro, è un piacere averti qui e non vedevo l’ora di poter dire a tutti che sì, finalmente il tuo disco d’esordio è finalmente ovunque. Allora, come stai, all’alba di questo traguardo?
Ciao IFB, il piacere è mio! Ad essere sincero credo di doverlo ancora realizzare del tutto, ma sì, il disco è finalmente fuori. Gli ultimi giorni sono stati estremamente frenetici, ma stracolmi di affetto da parte delle persone che mi sostengono da sempre. Sono felice.

E’ stato un percorso lungo, durante il quale sono cambiate tante cose. Cosa è rimasto, e cosa è cambiato radicalmente durante questi anni?
I due anni e mezzo trascorsi nel realizzare questo disco sono stati densissimi.
Più che un cambiamento radicale forse mi rendo conto di aver sviluppato una maggiore consapevolezza di ciò che effettivamente mi fa stare bene e cosa no, ed è rimasta salda invece la mia necessità di raccontare come atto di resistenza. Citando un pezzo dell’album; “continuo a cercare quella pietra che avevo lanciato nel mare quando ero un bambino“.

Se dovessi individuare i passaggi fondamentali della strada che ti ha portato fin qui, quali diresti?
Anche se non fa parte di “R.R.”, il primo momento che mi viene in mente è sicuramente il periodo in cui ho scritto “Pecore nere”, il primo singolo del progetto Maelstrom. Al tempo lavoravo come barista in un locale che ha messo particolarmente alla prova il mio benessere mentale e mio fratello, a cui ho dedicato il brano stava affrontando un periodo complesso a livello psicologico. Una volta scritto il pezzo e girato il videoclip è scattato qualcosa, che ha risollevato entrambi. Poi è arrivata Revubs, e grazie all’aiuto di Giacomo Costa e Marco Barbieri (Altrove) ho imparato ad approfondire la scrittura dei brani e il modo di approcciarmi alla musica.

Ricordo la prima volta che ho ascoltato un tuo brano: pensai immediatamente che la tua musica incarnava una ricerca interessante, che provava a sposare poli diversi ed opposti. Ti ritrovi in qualche definizione, oppure credi di sfuggire ad ogni possibile contenitore?
In effetti ho sempre ascoltato generi così diversi tra loro che inevitabilmente fatico a trovare nelle mie canzoni un singolo canale d’ispirazione.

Ha giocato di certo un ruolo importante la musica d’autore italiana, tra tutti forse Lucio Dalla e Rino Gaetano in modo particolare, ma ascolto veramente la musica più disparata perciò direi che no, almeno per ora non riesco a parlare di un vero e proprio contenitore.

Dietro “R.R.” si nascondono più storie, che s’intrecciano già con leggenda. Ti va di raccontarcene qualcuna?
“R.R.” era la sigla scritta sul diario di bordo della nave costruita da me e mio fratello nel giardino di casa dei nostri nonni. Avevamo deciso di chiamarla Rubino Rosso. Qualche anno fa, carico della mia passione sempre crescente nei confronti della vita dei Gentiluomini di Fortuna, lessi “La vita all’ombra del Jolly Roger” di Gabriel Kuhn e rimasi particolarmente colpito dal capitolo che trattava la pratica di ammutinamento della ciurma contro le tirannie dei capitani.

Pare che ogni membro che decidesse di prendere parte alla lotta scrivesse il proprio nome su di una pergamena in cerchio, in modo tale che se per qualche ragione il capita- no fosse riuscito a sventare l’accaduto, non potesse risalire al primo che aveva deciso di aderirvi, testimoniando così il dissenso collettivo della ciurma. Questa pratica veniva chiamata “Round Rubin”.

Tra l’altro, il disco è stato anticipato da un video promozionale particolare. Come mai questa scelta “filmica”?
L’immagine del progetto, curata dall’inizio da mio fratello Gianvincenzo Pugliese è sempre stata correlata alla mia musica, in maniera direi ancestrale.
La scelta di anticipare il disco con un video era un pò il nostro modo preferito di conferirgli una certa tridimensionalità e di raccontare la nostre tradizioni.

Esiste, fra i brani, una canzone con la quale hai un rapporto “privilegiato”? So che “ogni figlio è bello agli occhi del papà”, ma ti chiedo se ti va di fare una “scelta impossibile”…
Ehh sì, una scelta complessissima. Ti direi però che “Cremisi” e “Michelle”, probabilmente sono i due brani che per ragioni diverse hanno un posto speciale. Ma alla fine davvero tutte sono un pezzetto di cuore.

E ora, cosa c’è in vista per la navigazione futura di Maelstrom?
Ora mi aspetta sicuramente il mare e un po’ d’aria salmastra, poi aprirò il cassetto in cui ho conservato con cura le idee per i prossimi pezzi. Vi stupirò!