C’mon Barbie, let’s go party.

Non appena uscirono le immagini di Margot Robbie e Ryan Gosling, sulla spiaggia di Venice a Los Angeles, con quell’outfit fosforescente il mondo si fermò in adorazione. Il 2023 è l’anno di “Barbie”, il film di Greta Gerwig che porta in live action la bambola più famosa al mondo.

Purtroppo l’Italia non è stata toccata dalla combo “Barbie” ed “Oppenheimer” come in America, quindi noi non possiamo memarci sopra. Per fortuna però, e a differenza dell’altro film sulla bomba atomica, almeno non abbiamo dovuto aspettare fino alla fine della stagione estiva. Questo lungometraggio apre una grande cicatrice quasi sanata negli ultimi anni: come può il capitalismo che ha reso la figura femminile uno stereotipo di genere essere quindi il buono? E proprio in questo caso le domande fioccano. La Mattel c’è dentro fino al midollo, ha voluto la sua parte nel processo produttivo del film e non si riesce a capire se il ruolo che hanno sia quello dei buoni o sia solo una grande maschera messa su dai cattivi.

La storia del film è molto semplice: Barbie, che vive nel mondo alternativo di Barbie Land, inizia a non sentirsi più come prima e i suoi pensieri si spostano dal “facciamo l’ennesimo party stasera” a “ma morirò mai?”. Decide così di andare nel mondo reale, accompagnato da Ryan Gosling aka Ken, per trovare la bambina che gioca effettivamente con la sua bambola e scoprire la causa del suo malessere psicologico (e fisico, ovvero la cellulite). In un mondo pieno di omonime come lei, Margot Robbie incarna la bambola “Barbie stereotipata” ovvero la bella, alta, bionda e fisicata ragazza in costume. Al suo fianco, un semplice modello di “Ken in spiaggia”.

In una serie di avventure, tra un mondo e l’altro, i due protagonisti scopriranno effettivamente qual è il loro vero scopo arrivando a prendere coscienza della loro esistenza. Non vado oltre altrimenti si parla di spoiler.

Vorrei però soffermarmi su una questione, anzi un dubbio amletico. Quanto questo film è effettivamente un manifesto femminista o invece una grande marchettata? La presenza così forte della Mattel fa storcere il naso: certo, è comunque un prodotto loro e quindi o ci stanno dentro fin dall’inizio o bisogna strappare un grandissimo assegno per copyright. Il loro ruolo all’interno del film è quello di un’azienda che pensa alle bambine e ai bambini di tutto il mondo, non solo ai soldi. Passano quindi per i buoni alla fine, non vogliono far del male. E anche se nel board ci sono solo maschi, sono maschi gentili ed un po’ stupidi. Quindi la domanda che ci si pone ancora è: Greta Gerwig vuole chiudere qualsiasi discussione negativa nei confronti della casa di produzione della bambola? Sfatare il mito di un sessismo e maschilismo sfogato attraverso un pezzo di plastica?

Allo stesso tempo, però, ci sembra strano che una regista del genere possa scendere a patti col diavolo così tanto. Si notano infatti tantissime frecciatine e rimandi ai classici stereotipi (che lei stessa vuole abbattere con questo film) e anche solo la rappresentazione del board dell’azienda può essere un segnale incoraggiante. Ma non solo: lo stesso Ken, che tornato dal mondo reale vuole fondare il maschilismo nella terra di Barbie, avrà un’evoluzione a dir poco incredibile alla fine del film. L’ago della bilancia non si è ancora pronunciato, forse non lo sapremo mai o forse sì. Chissà.

L’unica certezza è che il film è un ottimo film. Ironico, pungente, ben diretto dalla stessa Gerwig e con un cast stellare tra cui brillano Robbie e Gosling. Vale assolutamente la pena andarlo a vedere. Vale assolutamente la pena portare i propri figli ad assistere ad un ottimo lungometraggio che di infantile e stupido non ha proprio niente.

Le domande esistenziali sulla vera natura del film possono essere accantonate per un momento, solo per assaporare la genialità di certe scene. E a proposito di scene: lo sapevate che Greta Gerwig per ricreare Barbie Land ha quasi esaurito tutte le scorte di vernice rosa disponibili al mondo?

P.s Per prepararvi al film vi consiglio di riguardare la puntata dei Simpsons dove Lisa cerca di combattere il sessismo capitalistico cambiando in meglio la produzione della famosa Malibu Stacy.