L’attuale scena nu-disco di Londra che incontra quella della New York di fine Anni Settanta/primissimi Anni Ottanta. Potrebbe essere questo il sunto del nuovo lavoro delle Girl Ray, “Prestige”. A dire il vero, il concept dell’album è maturato grazie ad un viaggio in autobus intrapreso durante l’ultimo tour della band indie-pop britannica, ed all’influenza che la visione della serie statunitense “Pose” ha esercitato su Poppy Hankin e socie lungo il tragitto.

Non più il pop-r&b mescolato alla new-wave dei lavori precedenti, dunque, ma paillettes e lustrini d’ordinanza per una serata senza troppe pretese da trascorrere in una vecchia discoteca immaginaria.  È questa l’atmosfera che si respira ascoltando “Prestige”. Sin dalla prima traccia. Con “True Love”, infatti, il passaggio dall’indie patinato degli esordi ad un certo tipo di nu-disco, risulta subito evidente. Siamo dalle parti delle Haim e di Róisín Murphy, tanto per intenderci. “Up” e soprattutto “Everybody’s Saying That” sono palesemente ispirate agli Chic e non solo per il basso martellante e per quelle chitarrine pungenti in stile Nile Rodgers.

Scavando più in profondità, è la mancanza di un guizzo il problema principale di un album che, tutto sommato, scorrerebbe anche bene, se solo non si perdesse nei meandri monotoni di alcuni suoni un po’ troppo statici. Ad ogni modo, la (bella) voce della Hankin riesce a tenere a galla anche quei brani che altrimenti sarebbero risultati fiacchi e privi di mordente.

Tra le note liete, invece, vi sono senza ombra di dubbio “Hold Tight” e “Tell Me”. La prima è un pezzo che trasuda Wham (ed il George Michael di “Faith”) da ogni nota. La seconda è una di quelle up-tempo che fanno la fortuna di BBC Radio 6 Music. Per ciò che concerne i testi, “Prestige” risente molto della (felice) situazione sentimentale di Poppy Hankin, così come ha più volte sottolineato, in varie interviste, la stessa singer londinese. In tal senso, “Love Is Enough”, altro (brioso) singolo estratto, rappresenta la pietra filosofale del disco. In “Begging You Now” è il sintetizzatore a farla da padrone, mentre i sette minuti e quarantatré secondi di “Give Me Your Love” nulla aggiungono al mood dell’album.

Non un passo indietro, dunque, ma neanche un deciso balzo in avanti per le Girl Ray. “Prestige” non è altro che il classico lavoro di transizione che, nella storia discografica di una band, soprattutto alla prova del (temibile) terzo disco, ci può stare. Poppy Hankin, Sophie Moss ed Iris McConnell di certo non difettano in coraggio. Per eventuali effetti speciali, c’è ancora tempo.