L’accoglienza che era stata riservata all’album con il quale era tornato sulle scene aveva dimostrato a Paul Weller di avere ancora un pubblico e, soprattutto, di essere ancora capace.

Allora, nella primavera del 1993, riunì i suoi primi sodali (Steve White, Dee C Lee, Brendan Lynch), allargò il giro aggiungendo un elemento al quale non avrebbe mai più rinunciato, cioè Steve Cradock, e tutti insieme si ritirarono nelle campagne attorno Oxford, al Manor Studio.

Al The Manor, che era di proprietà di Richard Branson e della sua Island Records, erano stati incisi album importanti ma in quel momento cadeva a pezzi; però il senso di precarietà che emanava ed il contesto rustico finirono per influenzare non poco l’esito di quelle registrazioni.

“Wild Wood” è un album impregnato di una spiritualità rurale, dal quale emergono nuove influenze cosmiche come Nick Drake, Van Morrison e Neil Young ed in cui, appunto, la natura gioca un ruolo importante (“Country”, “Foot Of The Mountain”, “Can You Heal Us (Holy Man)”, “Shadow Of The Sun”).

Nel dialogare con essa, Paul Weller fa i conti con la propria ispirazione – talvolta ne dubita (“Has My Fire Really Gone Out?”), altrove la coccola per scrivere dolcezze domestiche come “Moon On Your Pyjamas” o numeri esaltanti come “Sunflower” o “The Weaver” (ne esiste anche un’ottima versione live su “Catch-Flame!”, in cui viene abbandonato ogni indugio folk), oppure – ancora – spingendola verso nuove vette come nella title track, che nel tempo è diventata un classico.

“Wild Wood” è il brano che cambiò molte cose nel percorso solista di Weller, finì in classifica e lo fece definitivamente riscoprire, svelandone un’immagine diversa rispetto al ragazzo arrabbiato (ed ossessionato dalla città) che aveva guidato i Jam e che poi aveva disfatto tutto volando verso lidi più sofisticati (e pretenziosi) con gli Style Council.

Ora si trattava di un artista che certamente non si era privato del suo lato più selvaggio, ma era cresciuto, era maturato e si era liberato di molti preconcetti.

Una novità che, qualche tempo fa, l’ex bassista degli Smiths Andy Rourke descrisse con parole assai calzanti:

“Wild Wood” fu una cosa assolutamente inaspettata, l’inizio di un nuovo percorso che lo fece apparire molto più cool. Era sempre stato uno che si vestiva in modo impeccabile, con grandissimo senso dello stile. Ma iniziò anche a tenere i capelli un po’ più lunghi, sembrava dentro un nuovo inizio. Molta gente non aveva compreso gli Style Council, e lui ci aveva messo un po’ ad ingranare da solista. Ma con “Wild Wood” sembrò ritrovare molta fiducia in se stesso. Ed è un brano semplice, super rilassato – quando lo fece uscire la stima nei suoi confronti crebbe a dismisura.

(L’articolo, nella sua forma originale, lo trovate su Non Siamo Di Qui, che ringraziamo per la gentile concessione)

Pubblicazione: 6 settembre 1993
Genere: Rock
Lunghezza: 54:04
Label: Go! Discs
Produttore: Paul Weller, Brendan Lynch

Tracklist:

  1. Sunflower
  2. Can You Heal Us (Holy Man)
  3. Wild Wood
  4. Instrumental (Pt 1)
  5. All the Pictures on the Wa
  6. Has My Fire Really Gone Out?
  7. Country
  8. Instrumental Tw
  9. 5th Season
  10. The Weaver
  11. Instrumental One (Pt 2)
  12. Foot of the Mountain
  13. Shadow of the Sun
  14. Holy Man (reprise)
  15. Moon on Your Pyjamas
  16. Hung Up