Un album cupo, rumoroso e profondo. Gli australiani Deafcult mettono da parte le atmosfere sognanti e di stampo shoegaziano del loro precedente lavoro (“Auras” del 2017) per abbracciare il post-punk più oscuro e aggressivo. Senza però dimenticarsi del fattore melodico che, così come in passato, resta centrale anche nelle quindici tracce del loro nuovo disco intitolato “Future Of Illusion”.

Credit: Bandcamp

Il futuro di illusioni descritto dal quintetto di Brisbane appartiene a coloro che, nonostante le drammatiche evidenze, continuano a negare gli effetti distruttivi e ormai irreparabili dell’intervento dell’uomo sulla natura. Nessuna presa per i fondelli da parte degli arrabbiatissimi Deafcult che, invece di abbindolarci con il miraggio della sostenibilità o la vacuità della resilienza, affondano il coltello nelle piaghe purulente di un ambiente devastato dagli errori umani. Un mondo alla deriva.

Troppo pessimismo? Può darsi. Ma è proprio questo spirito nichilista e iconoclasta a rendere interessante l’ascolto di “Future Of Illusion”, un album in cui le sonorità tipiche del noise e del post-punk si fondono tra loro per dar forma a un vero e proprio muro di rumore.

Una barriera fatta di distorsioni e delay, spessa come quella alla base del miglior shoegaze, ma piena zeppa di crepe. Dalle fessure filtra la luce della melodia e di ritornelli perversamente orecchiabili, quasi sempre caratterizzati da intrecci di voci femminili e maschili. Fili di speranza che si posano leggeri sulla musica grezza, sporca e spigolosa dei Deafcult.

La pesantezza del basso elettrico, così possente da sovrastare spesso e volentieri delle chitarre altrettanto fragorose, preme forte su brani dalle molteplici sfaccettature. Si passa dal carattere epico di “Oppenheimer’s Regret”, “The Nightmare” e “Metamorphosis” alla furia cieca di “The Sign”, “Chemicals”, “Tulpas” e “Ein Traum”; dalle ombre industrial che avvolgono “Ame Solitaire” agli spettri elettronici/simil dream pop che fanno da perno ai brevi intermezzi del disco (“The Outsider”, “Future Of Illusion” e “Rue du Montparnasse”).

In alcune canzoni, come “Sleep”, “Annihilate” e “The Well”, si avvertono ancora timide tracce dello shoegaze che fu. Una bella illusione per un album solido e convincente – nella speranza che i Deafcult riescano a imporsi come una realtà concreta nella sempre florida scena del rock alternativo australiano.