Squadra che vince non si cambia, ma si può migliorare, questo si. Forse è stato questo il motto dei deliziosi Slow Pulp nell’approcciarsi a questo “Yard”, seconda fatica dopo il pregevole “Moveys” del 2020.

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La band non perde quello spirito rurale che ammantava il primo album, ma sicuramente ne riduce la portata, volendo ritrovare un mood più noise, energico e sonico (quello che c’era nei loro esordi e che spesso faceva apparire la parola ‘shoegaze’ nelle recensioni) e la cosa non ci dispiace affatto.

Il suono così risulta più variegato rispetto a “Moveys”, meno malinconico e più dinamico, potenziato maggiormente da quel valore aggiunto che la voce di Emily Massey (più audace e spigliata rispetto a 3 anni fa) è capace di infondere ad ogni brano. La fanciulla è tanto versatile quanto capace di mettersi a nudo. Le sue vulnerabilità, i suoi punti deboli, le sue amarezze ma anche la forza di accettarsi per quello che si è, senza paura di restare soli: il percorso emotivo di Emily verso un po’ di serenità e fiducia è tanto limpido quanto coinvolgente.

Se “Gone 2”, la toccante “Fishes”, la morbida “Carina Phone 1000” e sopratutto “Broadview” assaporano ancora qual gusto tra folk e americana ecco che già con “Doubt”, secondo brano del disco, capiamo che l’approccio della band potrà riservarci delle sorprese, con un taglio quasi sbarazzino grazie a quel “do-do-do” reiterato e adolescenziale al punto giusto. Poi ecco le distorsioni power-pop di “Cramps” e “Slugs” che abbassa il ritmo ma non certo il livello di fuzz. Le melodie ci sono, non è che la potenza delle chitarre abbia cancelato la capacità di scrivere canzoni che entrano facilmente in circolo. L’aria quindi è decisamente più riverberata, meno limpida rispetto al precedente disco e “Worm”, così come “MUD” ce lo stanno a dimostrare, ma la band sa ancora cambiare registro con un brano come “Yard” che ha qualcosa di teatrale nel suo incedere piano/voce.

Morale della favola i cari Slow Pulp non inventano nulla, ma scrivono belle canzoni e se il primo album ci piaceva proprio per quel suo tocco vellutato, ora li apprezziamo per un taglio maggiormente grintoso che non inficia l’arte di piazzare ritornelli micidiali. E a noi va benissimo così.