Credit: David Lee (CC BY 2.0)

Il 2023 si era aperto con una magnifica notizia per tutti gli amanti dell’indiepop, ovvero la comunicazione che i meravigliosi Allo Darlin’ erano pronti a fare nuovamente musica insieme. Il giubilo è stato grande, i biglietti per il pugno di concerti annunciati sono andati tutti venduti all’istante, e noi stessi, nel nostro piccolo, avevamo festeggiato con una Top 10 celebrativa. In realtà si sperava in qualcosa in più di due concerti a Ramsgate e uno a Londra, ma intanto la macchina si è rimessa in moto, e possiamo essere ragionevolmente certi che il 2024 ci darà altre gioie firmate Elizabeth, Bill, Paul e Mikey.

Era comunque obbligatorio esserci in almeno una di queste date, e far sentire il massimo del calore ai nostri beniamini.

Ovviamente, arrivando dall’Italia, era molto più comodo l’appuntamento londinese, ed eccomi qui, in un piovoso sabato sera, ad incontrare amici che, così come la band anglo-australiana, non vedevo da diversi anni, ma che, come me, non potevano mancare.

Una pinta pomeridiana, una cena pre serale e via verso la Islington Assembly Hall con addosso il massimo della positività.

Sensazione ulteriormente amplificata dall’incontro con la band che, proprio mentre arriviamo noi, sta rientrando nella venue. Elizabeth mi riconosce, mi saluta in italiano, memore degli anni in cui ha vissuto nello Stivale, e ci abbracciamo. Meglio di così, la serata non poteva iniziare.

Una volta entrato, mi ritrovo subito ad apprezzare la bellezza della venue, il cui aspetto ne fa emergere la natura storica, con la cura di ogni dettaglio estetico che evita qualunque rischio che il luogo appaia vecchio o decadente. Il tempo di un’altra pinta, di salutare altri amici e notare facce conosciute di quando frequentavo assiduamente l’Indietracks e le varie Popfest in giro per l’Europa, ed ecco salire sul palco i Fortitude Valley. Questa band è probabilmente quella per cui mi dispiace di più in assoluto il fatto di non apprezzarne le canzoni su disco, perché essa è composta da membri di altri gruppi che, invece, mi piacciono moltissimo, come i Tigercats, i Martha e i Night Flowers. Per fortuna, stasera la mia percezione è diversa, e finalmente riesco ad apprezzare il buon equilibrio tra fuzz e melodia che caratterizza il repertorio di questo gruppo di musicisti che segue con convinzione le idee di Laura K dei Tigercats. Suona tutto molto bene, e quindi intanto anche la prova del suono è brillantemente superata per la Isligton Assembly Hall, e soprattutto il primo assaggio musicale della serata è esattamente quello che ci vuole per dare le giuste vibrazioni a tutti gli spettatori. Mi riprometto di provarci ancora con l’ascolto su disco dopo questa performance davvero convincente, sai mai che mi sia scattato qualcosa con i Fortitude Valley.

È ora il turno dei Mammoth Penguins e, a differenza della band precedente, non ho alcun bisogno di sperare che mi piacciano, perché già li adoro, soprattutto in virtù del carisma vocale di Emma Kupa, una delle mie voci preferite in ambito indiepop. Il modo in cui Emma unisce potenza e rotondità è unico, e lei ha poi il merito di aver sempre trovato uno stile melodico adattissimo alla propria superiorità vocale, sia con la precedente band Standard Fare, che con il progetto attuale. I Mammoth Penguins salgono sul palco in formazione power trio e pettinano letteralmente tutti i presenti con il loro micidiale e irresistibile mix tra alto volume e sentimento. A un certo punto ho la tentazione di pensare che, se anche me ne andassi alla fine del loro set, sarei comunque soddisfatto, poi mi ricordo chi deve suonare dopo, ma comunque questa mezz’ora di musica riesce letteralmente a soddisfare qualunque bisogno di ogni appassionato di musica nei confronti di un concerto.

Tocca alle star della serata, e c’è ovviamente molta curiosità già in relazione a quale canzone verrà scelta per segnare il ritorno sui palchi della Capitale. Non è che i quattro rischiassero di sbagliare, visto che non esiste un pezzo debole nel loro repertorio, ma, un po’ come gli animali nella fattoria di Orwell, le canzoni degli Allo Darlin’ sono tutte uguali, ma qualcuna è più uguale delle altre. Non è una di esse a iniziare lo show, ma “Wonderland” si rivela perfetta per lo scopo, ovvero introdurre la performance col piglio giusto senza utilizzare uno dei colpi migliori già in apertura, tenendolo, invece, per il brano successivo, così da entusiasmare al massimo un pubblico che, ovviamente, è già adorante. “Capricornia” viene introdotta da Elizabeth con una semplice esortazione: facciamo tutti finta di essere all’Indietracks. Detto, fatto: l’atmosfera gioiosa è subito la stessa che si respirava che si respirava al Midland Railway Centre e ci si sente già in un mondo incantato già dopo due canzoni.

È tutto così incredibile e perfetto che davvero non sembra di stare nella realtà, ma in qualche altra dimensione, dove esistono solo le cose migliori che conosciamo e non si può che stare benissimo. Siamo in un posto bellissimo, pieno di gente che se non è amica nel senso letterale del termine, è comunque amichevole e sa come ci si comporta per far sì che un concerto riesca al meglio. E sul palco ci sono loro, che per tanti anni hanno rappresentato al meglio la ricerca di questo stato d’animo e che stanno riesumando questa ricerca come meglio non potrebbero. Elizabeth canta in modo divino, la chitarra di Paul è vivace e sgargiante, la sezione ritmica curata da Bill e Mikey è compatta ed energica, e nelle canzoni in cui si aggiunge il fido Dan Mayfield al violino, ci sono i ricami giusti per rendere il risultato ancora più irresistibile. Ritrovare degli Allo Darlin’ così, dopo sette anni che non li sentivamo, è una favola e un sogno.

La scaletta, poi, è, come si accennava sopra, perfetta nella distribuzione dei pezzi da novanta lungo tutto il corso della stessa, con gli altri episodi che comunque non fanno mai davvero rimpiangere i classici. Ovviamente la gente va particolarmente in visibilio quando arriva “Europe”, sospira con fortissima intensità durante “Tallulah”, lascia andare ogni possibile ed eventuale freno su “My Heart Is A Drummer”, ma l’attenzione e la partecipazione non calano mai in nessun momento, e almeno un paio di altri momenti godono della stessa accoglienza delle canzoni più conosciute: parlo di una “Silver Dollars” impreziosita dall’ospitata di una Emma Kupa che stasera è in stato di grazia e una “Bright Eyes” in cui il coro collettivo “I feel better hanging out with you” è incredibilmente intenso e liberatorio. Perché davvero ci sentiamo tutti meglio grazie a tutte le persone che sono qui stasera, sia i musicisti, che i loro ospiti, che i nostri amici, che gli amici degli amici, che anche tutti gli altri presenti.

Gli encore, infine, sono semplicemente da leggenda. Per “Dreaming” arriva sul palco Monster Bobby in persona, ovvero colui che duetta con Elizabeth nella versione in studio della canzone, e l’umore di tutti migliora ulteriormente. Poi, la stessa Elizabeth chiede per la seconda volta di teletrasportarci nel magico mondo dell’Indietracks perché la band sta per riproporre uno dei propri cavalli di battaglia di quando si esibiva nel festival del Derbyshire, ovvero la fantasmagorica over di “If You Don’t Pull…” dei Just Joans. Infine, si conclude degnamente con una “Kiss Your Lips” che è la summa di tutto ciò che sono gli Allo Darlin’ e di ciò che è stato questo concerto indimenticabile: amore, senso della comunità, voglia di esplorare tutto il ventaglio dei sentimenti umani, coscienza della propria fragilità ma anche dell’importanza di chiedere aiuto e di sentirsi amati per poter stare bene.

Una serata da annali, per noi e, certamente, anche per loro. Se per caso nel 2024 dovessero trovarsi in difficoltà nel radunarsi insieme per fare altri concerti e nuova musica, certamente il ricordo di questo concerto darà loro la spinta per continuare al meglio. Arrivederci, our darlin’!