Fred Macpherson, amato Fred. Sagacissimo Fred.

Gli Spector hanno un cantante che sa scrivere grandi canzoni, questa è la verità. Acuto osservatore e paroliere raffinato. Sia quando traccia traiettorie taglienti su emozioni e sentimenti generati da un “post party” sia quando parla, ironicamente, di cuori spezzati e amori non corrisposti. Per me il buon Fred non ha mai avuto nulla da invidiare alla sagacia di Jarvis Cocker. In questa nuova fatica l’occhio indagatore, anzi, gli occhiali indagatori di Fred, si posa sulla società britrannica, che poi, spesso, è specchio più o meno deforme pure della nostra. Diventare grandi, invecchiare, essere genitori, affrontare nuove relazioni e stili di vita in mezzo a burrasche economiche e sociali, la necessità di nuovi modi di comunicare e gestire le responsabilità e le delusioni, sopratutto quando ci si sente sopraffatti dalle perdite e dalle aspettative non soddisfatte che la vita ci mette davanti. Fred canta tutto questo in quello che, dal punto di vista lirico, sembra essere il suo prodotto più riuscito, realistico e centrato, meno naif e romantico rispetto al solito, ma sempre con quel taglio agrodolce e acutissimo che ci fa impazzire.

Se Fred viaggia che è un piacere e la sua voce è come morbido velluto per le nostre orecchie, la band dietro di lui sostiene il ritmo e la qualità del suo leader, muovendosi solo in parte sui sentieri abbastanza ombrosi del disco precedente. C’è sempre un mondo musicale malinconico appena dietro l’angolo, ma in “Here Come The Early Nights” la band mi sembra, da una parte, guardare un po’ meno al taglio anni ’80 ombroso e introspettivo di “Now Or Whenever” e, dall’altro, essere perfettamente capace di unire eleganza, raffinatezza a un mood più scanzonato, capace di riportarci, in qualche momento, al passato del gruppo. Sicuramente io continuo a pensare che la lezione degli EP, raccolti poi in “Non-Fiction” sia servita ai ragazzi per allargare il tiro, per affinare ancora di più l’attenzione al particolare, senza cercare subito il colpo ad effetto.

Ecco allora l’incedere morbido di “The Notion” che trova però subito l’apertura melodicissima in un ritornello d’alta classe, per non parlare di “Some People”, anche in questo caso il ritornello studiato dagli Spector ci lascia a bocca aperta. Chitarre mai troppo appariscenti scivolano sui synth e la voce di Fred fa il resto: è un marchio di fabbrica collaudato e che ogni volta si affina sempre di più. La stessa “Pressure” mette in luce ancora un lato notturno della band, con un lavoro ritmico decisamente accattivante e ricercato.

Poi ecco brani come “All The World Is Changing” (che chiude il disco in zona quasi alla Killers più scintillanti e synth), “Driving Home For Halloween” (qui giuro mi pare di sentire i Bleachers), “Not Another Weekend” (alla Blur!) e “Another Life” (gli Spector più pimpanti e travolgenti) che ci portano sui sentieri orecchiabili e freschi che tanto in passato ci fecero amare questa band al primo ascolto, alternati a momenti più raccolti, la title-track ad esempio ne è mirabile e struggente esempio ma anche “Room With A Different View” è una ballata praticamente perfetta (con tanto di assolone deragliante e tagliente), passando per perle assolute di equilibrio come “Never Have Before”, che parte dolce e poi si apre all’epicità con tanto di fiati trionfali, mentre il suono si fa sempre più pieno.

Eh, il cuore. Al cuore non si comanda e il cuore mi dice che gli Spector stavolta non hanno sbagliato nulla. Il disco cresce in modo prepotente ad ogni ascolto (e sono i lavori più belli quelli che ad ogni ascolto vai ad apprezzare sempre più) e piano piano si issa saldo e stabile nella mia top 10 del 2023.

Fred ti voglio bene.