Vince Clarke è senza ombra di dubbio un musicista-musicista. Uno di quelli che hanno fatto delle sette note la propria ragione di vita. E di vite, il buon Vince, ne ha vissute almeno una decina. “Songs Of Silence”, infatti, rappresenta l’ennesimo capitolo della storia di un genio del “synth-pop”. Appare quasi tedioso sottolineare tutti i successi che hanno portato Clarke ad essere considerato uno degli artisti più influenti degli ultimi quarant’anni.

Andwhatsnext, aka Nancy J Price – http://andwhatsnext.com/bands, CC BY-SA 3.0, via Wikimedia Commons

Dai (primissimi) lavori con i Depeche Mode (di cui è stato il fondatore), a quelli con Yazoo e – soprattutto – Erasure, risulta alquanto difficile etichettare il musicista britannico all’interno di una categoria ben precisa. Quella di “Songs Of SIlence”, per esempio, è musica ambient per palati fini. Una sorta di Vangelo sonoro post-pandemico.

Già. Perché nei dieci brani che compongono la tracklist dell’album, non vi è alcuna traccia di testi e parole superflue. Solo musica e sonorità che trasportano l’ascoltatore in una direzione completamente opposta a quelle a cui ci aveva abituato l’autore di “Just Can’t Get Enough”. “Cathedral”, il pezzo che apre le danze del disco, è solo il primo soffio di vento di un album che assomiglia ad un viaggio spirituale all’interno della psiche umana.

In tal senso, “White Rabbit” e “Passage”, rendono ancor più giustizia ad un mood che è impregnato di spiritualità e minimalismo. “Songs Of Silence” – scritto e prodotto nello studio newyorkese del musicista britannico – non è altro che una registrazione “artigianale” in cui Vince Clarke ha voluto tradurre, nota dopo nota, tutta l’urgenza compositiva da cui era stato travolto durante il periodo della pandemia. Si tratta di un lavoro essenziale. Ai confini del filosofico. Dove non ci sono lustrini, né ammiccamenti di sorta. E nessun cenno a quel sound ultra-pop che ha reso Clarke uno dei numi tutelari della scena musicale.

“Scarper”, probabilmente, è l’unico brano che richiama (un po’) alle sonorità abituali del “vecchio” Vince. Mentre in “Last Transmission” viene calato definitivamente il sipario su di un’opera che necessita di più di un ascolto per poter essere apprezzata nella sua interezza. Dimenticatevi le melodie appiccicose di pezzi come “Situation” degli Yazoo o della stessa, “Oh L’Amour”, degli Erasure. Con la pubblicazione di “Songs Of Silence”, Vince Clarke si riaffaccia al presente con la consapevolezza del proprio passato e con la vision futurista di chi è sempre stato abituato a guardare ben oltre il recinto della propria comfort zone musicale.