A distanza di dodici mesi dalla pubblicazione dell’ottimo “Bleed Out” è già tempo di un nuovo lavoro in studio per gli instancabili Mountain Goats, il gruppo di John Darnielle giunto ormai al ventiseiesimo (!) disco in trentadue anni di carriera.

Credit: Jackie Lee Young

E il “miracolo” è che ogni volta i Nostri riescono nell’impresa di non replicarsi, proponendo album di ottima fattura, non solo ben rifiniti (e definiti) a livello musicale – composizione, produzione, arrangiamenti – ma anche legati sempre a delle interessanti idee dal punto di vista puramente narrativo.

E’ il caso pure di queste nuove dodici tracce, tutte che ruotano attorno a una figura misteriosa che già aveva fatto capolino nelle canzoni della band californiana in passato, vale a dire quella stessa Jenny comparsa ad esempio in “Transcendental Youth” e che qui diviene assoluta protagonista di una storia che ne mette in luce pensieri e azioni.

“Jenny from Thebes” richiama nel titolo l’opera di Eschilo e si riallaccia ad esso soprattutto per quanto concerne determinati concetti, legandosi a un’idea di giustizia che viene rincorsa durante i vari passaggi, fisici e mentali, che vedono la donna in primo piano.

Per rendere al meglio il tutto Darnielle e soci caricano il sound di inserti frizzanti di archi e fiati, a partire dalla prima scoppiettante traccia (“Clean Slate”), che delinea in modo entusiasmante il mood del disco con slanci creativi che inducono al movimento, quasi fossimo in un musical: un brano insomma sorprendente, specie se lo rapportiamo a produzione più noir dei Mountain Goats.

Altri episodi successivi come “Ground Level” e “Fresh Tattoo” (una delle tracce più emblematiche del lotto) mantengono quell’aura di grandeur che in questo caso non va ad appesantire il contesto, rendendolo pomposo, ma bensì lo valorizza, risultando infine assai vivace e multiforme.

Certo, lungo il cammino non mancano canzoni più energiche dove il rock propriamente detto torna a farla da padrone (penso in particolare alla ruggente “Murder at the 18th St. Garage”) ma in genere la tavolozza dei colori comprende come detto diverse sfumature, dando all’ascoltatore un grande senso di libertà.

In un momento in cui la musica viaggia a velocità doppia, con uscite continue e frenetiche, bene fanno i Mountain Goats a non fermarsi se gli esiti sono così soddisfacenti: “Jenny from Thebes” ci mostra davvero un gruppo in piena forma che, mosso da autentica passione e grande maestria, ancora ha voglia di offrire nuovi lati della loro proposta artistica.