A Robert Pollard proprio non devono andare a genio quegli artisti che pubblicano album a cadenza triennale e che appaiono lontanissimi dall’estrema prolificità discografica di cui, il deus ex machina dei Guided By Voices, è uno degli alfieri più rappresentativi. E no. Questa volta non è colpa dei discutibili dettami di Daniel Ek, patron di Spotify, ma solo ed esclusivamente di un’ispirazione a cui non guasterebbe un filino di lucido autocontrollo.

Credit: Trevor Naud

E così, a neanche quattro mesi dall’uscita di “Welshpool Frillies”, ecco arrivare “Nowhere To Go But Up”, nuovo lavoro della band americana. Partiamo subito col dire che si tratta di un album che nulla aggiunge all’oceanica discografia del gruppo a stelle e strisce. Negli undici brani che compongono la tracklist del disco, infatti, è difficile riscontrare dettagli particolarmente interessanti.

Ciò nonostante, naturalmente, non mancano alcuni episodi degni di nota. Come l’incedere epico della bella traccia d’apertura, “The Race Is On, The King Is Dead”, dove un ritornello con i controfiocchi s’intreccia splendidamente con i bei riff di chitarra del buon Doug Gillard. “Puncher’s Parade”, invece, è una ballad in pieno stile Guided By Voices, in cui la solennità del guitar touch del già citato Gillard fa da incisivo tappeto sonoro al bel cantato di Pollard. È nella parte centrale, tuttavia, che si iniziano a riscontrare le prime, dolenti note di “Nowhere To Go But Up”. Pezzi come “Love Set” e “We’re Going The Wrong Way In” appaiono piuttosto fiacchi, quasi “telefonati”, privi di quel mordente che nel corso degli anni ha fatto la storia della band.

Non ce ne voglia Robert Pollard, ma era davvero necessario impelagarsi tra i corridoi grigiastri di un lavoro che nulla apporta alla dignitosissima carriera dell’artista americano? Spesse volte, purtroppo, il confine tra prolificità artistica e bulimia musicale, è dannatamente labile.

Certo, la bella “For The Home”, terz’ultimo brano del lotto, riesce ancora a smuovere qualcosina. Ma si tratta di un lampo, di una piccolissima goccia di entusiasmo in un mare di sgomento. “Nowhere To Go But Up”, dunque, è un album che si lascia ascoltare – stiamo pur sempre parlando dei Guided By Voices – ma che non lascia il segno.

Fatta eccezione per i fan duri e puri della band, probabilmente, sarà difficile aver voglia di rimettere su il disco dopo il primo ascolto. In definitiva, il trentanovesimo lavoro della band è un album che si stagna nelle acque torbide della mediocrità e che non riesce ad andare oltre il muro di gomma del già sentito.