Credit: Gabriele Buonforte

Su Buonforte, l’ho già detto e lo ridico, sono pronto a scommetterci le mie brachette: una penna, la sua, che stimola molto la mia, quando ne devo scrivere oppure rispondere a qualcuno che mi chiede consigli d’ascolto. “Buonforte” è sempre una delle mie prime risposte, al punto tale da temere di cominciare ad essere prevedibile, e ripetitivo. Poi finisce che i consigli non me li chiede più nessuno: anche se fosse, le canzoni di Gabriele io le continuerò ad ascoltare e a divulgare a chiunque abbia bisogno di rimettersi un po’ a fuoco. Un po’ come ha fatto l’artista perugino con “Silhouette”.

Buonforte, hai da qualche giorno esordito con “Silhouette”, anticipato negli scorsi mesi da una manciata di singoli: da quanto aspettavi questo momento?
Troppo! Un disco propone un concept ben definito e un’idea di spettacolo molto chiara quindi è esattamente ciò da tempo voglio comunicare.

Quali sono stati gli step essenziali della tua crescita come cantautore? La tua è una gavetta che è iniziata di certo non oggi!
A 15 anni ho preso in mano la chitarra da autodidatta, il mio primo concerto l’ho fatto a 16 anni. Per un po’ di tempo ho suonato facendo cover, questo è stato molto importante per me. Sempre a 16 anni ho iniziato a scrivere i miei primi testi, non le mie prime canzoni, erano pensieri di tutti i tipi. Questa cosa si è rivelata fondamentale. A 18 anni ho iniziato a scrivere le mie prime canzoni. Dico sempre di avere due prime canzoni: una è la prima che ho scritto con l’idea di scrivere una canzone, quindi scrivendo musica e testo insieme, e la seconda è proprio “Trono solo” della quale, una volta scritta la musica, sono andato a ripescare pensieri già scritti in precedenza. A 21 anni ho iniziato a produrre le prime canzoni e così a confrontarmi e a scontrarmi con pensieri di altri artisti, che è bellissimo.

Questo disco sembra raccontare molto di te, e la tua scrittura appare a tratti terapeutica, auto-analitica. È così?
Non hai idea quanto. Quando scrivo non scelgo quasi mai di cosa parlare, do fiducia al fatto che ho bisogno di dirmi qualcosa. Leggo e rileggo i miei testi per capire cosa voglio comunicarmi.

Ti va di raccontarci un po’ le canzoni del disco? A noi ha colpito molto “Vivo di convinzioni”, una ballata ironica e allo stesso dolorosa che con piglio leggero affronta emozioni forti. 
Provo a fare un sintesi brevissima di ciò che vogliono dire per me i brani. “Tra i colori miei”: non provare a capirti fino in fondo perchè arriveranno persone che ti faranno scoprire lati di te che non conosci .  “Sogni da vendere”: Condividi con gli altri i tuoi sogni, i tuoi interessi, le tue passioni e le tue ambizioni ma impara ad apprezzare di più ciò che hai. “Adesso (Lucio Dalla)”: Vola con la testa e con il cuore, fa bene all’anima. “Trono solo”: L’altro è una grande risorsa, presta attenzione ai dettagli, abbi cura delle piccolezze. “Non c’ho ancora capito niente”: Ogni tanto prendi con ironia ciò che ti succede, non c’è sempre una colpa se qualcosa non va come si crede. Un vaffanculo ogni tanto fa bene. “I segreti del presente”: Ascoltati per capire cosa vuoi davvero, sarà più facile prendere decisioni e saranno più facili tante cose. “Silhouette”: Questo è ciò che sei, abbine cura. “Come mai”: È bello buttarsi nelle cose, abbi il coraggio di cambiare. “Un velo di malinconia”: Usa il ricordo come uno strumento per il futuro, tieni le cose belle, attento a non far sì che riaccadano le cose brutte. “Così e cosà”: Sfogati più spesso, non sempre ha ragione la società, non seguire l’idea che hanno gli altri di te. “Girasole”: Fai attenzione ai piccoli momenti tra amici e cari, non darli per scontati.

Poi c’è “Il segreto del presente”, altro brano che ha colto la nostra curiosità: hai scelto di lasciarlo nudo ed essenziale, perché?
È un brano severo e sincero, più di tutti gli altri che ho scritto. Spesso il modo migliore di dire le cose è dirle in faccia proprio come sono, senza mezzi termini. Con questo brano e questa assenza di produzione ho potuto anche mostrare la semplicità nella mia “Silhouette”.

Il tuo lato pop, tuttavia, conquista nei brani più spinti; hai lavorato con produttori diversi, quanto ha inciso il lavoro di produzione nella riuscita del tutto? Con quale “idea” eri partito?
La mia è musica leggera quindi il segreto delle produzioni è stato unire la canzone d’autore al pop moderno, mischiarli senza far sì che uno faccia scomparire l’altro. Ho lavorato con Macs e Alessandro Osella per “Trono solo” e “Sogni da vendere” e con Altrove per tutti gli altri brani. Un concept si comunica anche con un sound uniforme, il lavoro di produzione è stato fondamentale.

Senti Gabriele, cosa ne pensi dell’attuale scena musicale? Tu sei cantautore, la canzone d’autore oggi come credi se la passi?
Eh vorrei dire cose diverse da quelle che penso ma non credo sia in un buon momento questo genere musicale, se in un genere può rientare la mia musica. Penso però che un’artista deve fare arte finchè è spinto a farla, deve farlo per se, e penso che ci debba investire finchè farlo è ancora sostenibile sia in ottica economica sia per quanto riguarda la serenità nel fare musica.

Dicci un film che dobbiamo guardarci stasera, con il tuo disco a far da colonna sonora!
La domanda più bella che abbia mai ricevuto. Ad occhi chiusi ti dico “8 montagne”