Credit: Damiano Fontecchia

Dopo aver recensito il loro interessantissimo (ed omonimo) EP d’esordio, ci siamo fatti una chiacchierata con i Neraneve. Nei cinque brani presenti nell’extended play sopraccitato, infatti, la band ciociara è riuscita a spaziare da un genere all’altro, senza perdere mai di vista il faro illuminante dello shoegaze (dai primi Nothing agli Slowdive).

Quella dei Neraneve è una proposta musicale piuttosto variegata. Luca Magliocchetti (voce), Marcello Iannotta (chitarra) e Giacomo Tiberia (chitarra) – questi i nomi dei componenti del gruppo – hanno realizzato dei testi pieni di significati onirici e di metafore, a volte crepuscolari, che rispecchiano perfettamente l’incomunicabilità dei nostri tempi.

Fra i brani più notevoli del lotto, “Grandine” rappresenta – senza ombra di dubbio – anche il pezzo-chiave della tracklist, grazie alla sua atmosfera sognante che lo rende uno di quei brani di cui innamorarsi al primo ascolto. Di seguito, le nostre domande alla band.

Ciao Ragazzi, è un vero piacere essere qui con voi a chiacchierare un pò di musica. La prima riflessione che mi viene in mente riguarda la bellissima copertina del vostro EP, “Neraneve”: personalmente, l’ho trovata piuttosto incisiva e ben allineata a quello che è il mood del disco…
La copertina è la fotografia di un quadro dell’artista Annamaria Patrizi, che è stata molto gentile e ci ha permesso di scegliere tra diverse opere. Ci ha colpito immediatamente l’esplosione di colori, l’immagine non è molto leggibile e volutamente indefinita ma fissandola comunica in modo potente l’inafferrabilità che, come hai notato, pensiamo contraddistingua anche il nostro stile. Il volto
inoltre è anche una citazione, perché ci riporta alla mente diversi dischi shoegaze come ad esempio ‘Going Blank Again’ dei Ride, ‘Deceiver’ dei DIIV e ‘Slowdive’ degli Slowdive.

Ascoltando l’EP, tra l’altro, mi sembra di percepire una sorta di spietata disamina sull’incomunicabilità dei nostri tempi…
Effettivamente l’incomunicabilità è un trait d’union di tutti i brani, sia che parlino di relazioni, sia di cose mai potute dire, sia di cose a volte non dette neanche a sé stessi. Pensa che uno dei nostri progetti precedenti si chiamava addirittura ‘We should talk’. Dovremmo parlare ma non lo facciamo mai.

Quali sono state le vostre ispirazioni durante la realizzazione di “Neraneve”? Ho notato molte affinità con band quali Slowdive e Nothing… 
Sicuramente sì, i primi Nothing piacciono a tutti e tre! Riguardo agli Slowdive mentiremmo se dicessimo il contrario, sono una matrice a cui si sono ispirati tutti. Ascoltiamo musica dalla mattina alla sera, ci interessano anche altri generi a volte fratelli minori dello shoegaze, come il black metal, ma anche Lana Del Rey. Inoltre utilizzando batteria elettronica e basso synth, ci siamo ispirati sia a band shoegaze/dream pop che usano l’elettronica, come i Curve o i Cocteau Twins, ma anche band synth pop come i Black Marble e gruppi elettronici anni ’80, come i Sister of Mercy. Ma qualunque influenza, di genere o meno, si è scontrata con la scelta di utilizzare la nostra lingua e le metriche in italiano, e li è stato più difficile trovare dei riferimenti, anche se sicuramente ci piacciono i Massimo Volume, i Verdena, e artisti del passato come i Cccp, i Litfiba (con Maroccolo), Battiato.

Facciamo un passo indietro: quando e come si sono formati i Neraneve? Qual è stata la spinta propulsiva?
Noi suoniamo insieme da dodici anni e abbiamo anche convissuto, ma l’idea dei Neraneve è venuta durante la pandemia, quando ci siamo ritrovati solo in tre e abbiamo deciso di lavorare da soli. Le canzoni ci hanno dato coraggio man mano che venivano fuori mentre mettevamo a fuoco il suono giusto. Un’ulteriore spinta è stata la scelta di autoprodurci, perché ci siamo accorti di essere più liberi di esprimerci.

Pensate che la Musica svolga ancora un ruolo significativo nella vita delle persone? Una volta, per esempio, essa rappresentava una sorta di volano per chi voleva cambiare – o almeno, provare a cambiare – lo status quo… 
La risposta drammatica è no, ma forse quello che la musica ancora riesce a fare è farti sentire meno solo, in un mondo sempre più (dis)connesso. Anche solo condividere le stesse emozioni con un estraneo è già significativo che avvenga tramite una canzone. Si incontrano ancora persone che stanno cantando alla guida. Purtroppo la mercificazione ha portato la musica a riempire spazi sempre più marginali rispetto all’esistenza, eccezion fatta per l’underground, dove ci sono ancora band che potrebbero cambiarti la vita, ma la gran parte delle persone non se ne accorge. Non è più uno più uno strumento di lotta, come erano i libri quando venivano bruciati. Forse la componente di denuncia sociale è ancora presente nel post-punk, ad esempio nei Protomartyr o negli Idles. Però affinché la musica possa cambiare lo stato delle cose c’è bisogno che la gente lo voglia cambiare.

Ritornando all’EP, ritengo che “Grandine” sia il pezzo-chiave della tracklist, nonché quello più “luminoso” del lotto, una sorta di ponte metaforico fra alcune atmosfere più crepuscolari ed altre un pò più sognanti… sbaglio? 
Non sbagli, è sicuramente il pezzo più luminoso, con un barlume di speranza almeno, e forse il più dream pop, ma le ombre e le dissonanze sono dietro l’angolo , anche se il testo incita a reagire, rimane comunque cupo. E’ uno dei primi pezzi a cui abbiamo lavorato e sarà l’ultimo ad uscire come singolo. Come hai giustamente notato, si può immaginare come uno dei colori del quadro d’insieme, in una sorta di percorso emotivo catartico, dove ogni stato d’animo sfuma in quello successivo, sublima e ricomincia il ciclo.

Anche lo scorrere del tempo, la sua inesorabilità, sembrano degli argomenti che possono essere letti tra le righe delle vostre canzoni…
Non c’è cosa più preziosa del tempo, proprio perché scorre implacabile, proprio perché non puoi viverlo di nuovo. E’ quasi banale dirlo o che piangiamo che passa, perché poi finiamo per apprezzare la cera di una candela consumata o quella della sigaretta. Parlarne nei testi funziona come esorcismo, proprio come con una fotografia, è un tentativo di fermarlo.

Come descrivereste la vostra musica a chi non ha ancora avuto occasione di ascoltarla?
“holy fuckin shit”, di cui non ti libererai facilmente!

Ringraziandovi per la chiacchierata, colgo l’occasione per chiedervi se avete qualche altro progetto che bolle in pentola…
Grazie a te per le belle domande, come accennato prima, chiuderemo l’uscita dell’ep con un ultimo video. Inoltre ci stiamo preparando per i live, che verranno con la bella stagione e stiamo scrivendo nuovi pezzi. A presto e lunga vita ad Indieforbunnies, siamo vostri lettori da anni!