Dopo un paio di divagazioni soliste di Francesco De Leo a moniker anagrafico, esattamente “La Malanoche” prodotta da Giorgio Poi e licenziata da Bomba Dischi nel 2018, il sophomore “Swarovski”, uscito tre anni fa, interessante progetto, come le canzoni dello stesso al servizio di voci femminili ospiti negli otto episodi, torna prepotentemente l’officina della camomilla, anche per andare a raccogliere, per davvero, quanto seminato, in termini di popolarità, dato che alcuni brani cult spopolano sui social, Tik Tok in primis.

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Diciamo che l’ensemble milanese non ottenne così tanto, arrivando, come dire, un attimo prima dell’esplosione dell’indie a 360 gradi, rimasti impantanati in un limbo che non portò numeri pari a colleghi di categoria.

Poco importa sia chiaro, perché i numeri certificano solo un’entrata maggiore e non un percorso artistico, ma era giusto per fare un’analisi, detto questo, il nuovo progetto sottolinea un gradito ritorno alla formazione originale, con la rimpatriata di Stefano Poletti, videomaker visionario, quanto elemento importante, nonché fondatore insieme a De Leo del primo nucleo.

Quindi un singolo “Dandy Candy”, alcuni concerti estivi, con l’esordio da plebiscito al Miami lo scorso giugno, il cantiere del nuovo disco documentato sui social, un titolo ufficiale “Dreamcore”, una data di uscita materializzata nel 19 gennaio 2024, due concerti premiere in autunno Milano / Roma e, quindi, un tour ufficiale. Tutto apparecchiato per il verso giusto.

Anticipato dal secondo singolo “Leon” (Successivo a “Woodstock 99″ uscito un paio di mesi fa), arriva questo nuovo lavoro quindi, se non sbaglio il quarto della saga sulla lunga distanza, album che riprende tutti i cliché della creatura iniziale, testi surreali e incedere sbilenco, per un pop da cameretta ormai adulto ed un’atmosfera che mi riporta ad alcune stanze del primo osannato album dei Baustelle.

C’è sempre quel modo di fare, originale e fuori dai binari, con un approccio più consapevole e maturo, di chi ne ha viste passare un pò. E le canzoni stesse risentono in senso positivo dello scorrere delle stagioni.

Produzione che va di pari passo alle liriche, quindi non si preoccupa certo di seguire alcun standard, al contrario esplora territori sconfinati, fatti di mille arrangiamenti, strumenti e suoni di ogni tipo.

“Leon” è appunto il singolo apripista, pubblicato venerdì scorso, ballad da delirio, con un ritornello catchy, “siamo come Leon in un drugstore nel 1994″. “Caramelle Boy – Lecca Lecca Girl” affonda, invece, nel beat di matrice seventies, mescolato ad una psichedelia moderna, mentre “Rimbaud Party” è quello che più mi ricorda il succitato “Sussidiario” del gruppo toscano, per il linguaggio, ma soprattutto lo spettro sonoro, così come la conclusiva “Techno is my boyfriend” e i suoi relativi “lalala”.

Un disco fuori da ogni categoria, leggero, spensierato, ma di spessore. Bentornati.