Nonostante la politica, spesso, si dimostri, non solo insensibile rispetto alla bellezza di alcuni festival musicali, ma, soprattutto, incapace di comprendere davvero l’opportunità che essi offrono dal punto di vista dello sviluppo sociale, lavorativo ed economico di un territorio o di una città, avevamo alcune certezze, alcune sicurezze, alcuni appuntamenti fissi, alcuni eventi che, ormai, ci erano entrati dentro ed uno di questi era, senza alcun dubbio, il TOdays Festival.

Una manifestazione che ha richiamato a Torino, negli ultimi anni, artisti del calibro di Sleaford Mods, Wilco, Verdena, DIIV, Primal Scream, PJ Harvey, Low, Iosonouncane e tantissimi altri, abbracciando sensibilità e direzioni diverse, generazioni e narrative diverse, ed offrendo, puntualmente, alle persone, in un mondo sempre più virtuale, la possibilità concreta di tornare a conoscersi, a confrontarsi e a discutere, guardandosi negli occhi, senza il filtro degli schermi luminosi dei propri smartphone.

Pensare che possa esserci il pericolo concreto (abbiamo letto oggi sul quotidiano “La Stampa”, in un articolo citato anche da Onda Rock, che Gianluca Gozzi, direttore artistico, si trova a denunciare una situazione di stallo e immobilismo sul TOdays, mentre la giunta comunale sembra intenzionata a “mettere mano al festival per ampliarne la formula esistente”) che una politica disorganizzata trasformi tutto ciò in altro, in qualcosa da spalmare, a proprio piacimento, senza una visione e una missione comune condivisa, in più giorni e in più eventi occasionali, guardando soltanto alle proprie convenienze, fa davvero molto male. Perché un festival, le sue connessioni umane, le sue storie, le sue follie, i suoi ricordi, sono momenti preziosi per la crescita di ciascuno di noi, oltre che occasioni uniche per far conoscere ed apprezzare luoghi che, altrimenti, correrebbero il rischio di rimanere fuori, di essere dimenticati, di essere marginalizzati.

Certo, questo non è il caso di Torino, ma resta il fatto che sembra che la città stia, letteralmente, rinunciando, a sua insaputa, a qualcosa di bello, di costruttivo, di utile ed anche remunerativo, qualcosa che ha spinto, per anni, giovani e meno giovani, italiani e non, a prendere un treno, un’auto o un aereo e raggiungere il capoluogo piemontese a fine agosto, non solo per ascoltare artisti o band, ma per stare assieme, per vivere assieme, per ascoltare musica assieme e, allo stesso tempo, visitare ed apprezzare i tesori della città.

Una politica, al di là degli schieramenti, non in grado di cogliere il valore di cosa ha fra le mani è decisamente fuori rotta. Quello che sembra accadere, oggi, al TOdays (ma restiamo in attesa di notizie positive!) potrebbe accadere domani a quei pochi festival che riescono a resistere in un paese, l’Italia, che non sa guardare oltre Sanremo, i talent-show televisivi, i soliti stereotipi e luoghi comuni a base di pizza, pasta e mandolino.