Credit: Raph_PH, CC BY 2.0, via Wikimedia Commons

I Killers potranno ospitare sul palco Johnny Marr anche altre 100 volte – è successo sul palco di Glastonbury nel 2019 ed anche in tempi più recenti – ma comunque non riusciranno, ai nostri occhi almeno, a legittimarsi come qualcosa di più di una band dal successo e dal seguito sproporzionati (ovviamente s’intende in eccesso).

“Rebel Diamonds”, che riassume vent’anni di scorribande, in fondo dimostra questa tesi.

I Killers hanno momenti altissimi – su tutti, ovviamente un brano viscerale come “Mr. Brightside”, che è stata la loro prima fortuna e continua a splendere; ma sarebbe assolutamente ingeneroso non annoverare in questa categoria anche l’appiccicosissima “Somebody Told Me”, o “Human” che è facile scambiare per un classicone della migliore new wave che fu.

Brandon Flowers e i suoi si difendono bene anche altrove, come quando riescono a cogliere l’essenza di sentimenti che comunemente si riuscirebbe solo ad intuirne la coda (“Runaways”, “Caution”), o raccontare il vuoto della provincia americana (“Quiet Town”), in entrambi questi casi (inutile negarlo) assimilando le lezioni di Bruce Springsteen.

Ancora, a tratti esibiscono sufficiente personalità ed esuberanza per risultare credibili (“Spacemen”, “Jenny Was A Friend Of Mine”).

Però per il resto – e questo resto è tantissimo, è la maggior parte di “Rebel Diamonds”, cioè è la maggior parte dei brani che i Killers stessi considerano come maggiormente rappresentativi – siamo vicini al vuoto cosmico, tra lunghi excursus che li rivelano come copie sbiadite dei Duran Duran o ai Pet Shop Boys che si cimentano con l’heartland rock (o non ci provano nemmeno), o che li colgono in oltraggiosi tentativi di addentrarsi verso orizzonti elettronici in stile Underworld (“Still”, una porcheria clamorosa).

Troppo poco, insomma. Anzi: dannoso, se l’idea che passa è che il rock’n’roll sia questa roba qui, spesso plasticosa e presa in prestito (d’altra parte la loro città natale è Las Vegas). Però immaginiamo che continuare a riempire arene gigantesche e portare in giro credenziali solo date dal tempo sia una tentazione difficilmente resistibile.

(L’articolo, nella sua forma originale, è contenuto su “Non Siamo Di Qui” che ringraziamo per la gentile concessione).