Raph_PH, CC BY 2.0, via Wikimedia Commons

Sold out da parecchi giorni, coda ordinata per entrare in Santeria sotto un cielo nuvoloso, ragazze con coroncine di fiori, non c’è dubbio che questo concerto è il the palce to be del tardo inverno milanese 2024.

Vero che per qualche strano motivo capita che si accavallino più concerti a cui vorresti andare, vero che a volte devi fare delle scelte difficili, ma innegabilmente vero che le The Last Dinner Party han fatto quello che è stato (a mio parere) uno dei singoli più potenti e belli degli ultimi anni, a cui è recentemente seguito un album delizioso, che portano stasera qui.

C’è molto hype, la Santeria è piena ma si sta comunque bene, riesco ad avvicinarmi verso le prime file proprio quando inizia lo show e si capisce da subito che sarà un signor concerto: queste cinque ragazze from London – pur essendo al primo album e al primo tour europeo – sanno stare sul palco, un po’ perché sono obiettivamente cool nella loro scelta degli abiti di scena (menzione particolare per il red dress di Aurora Nishevici alle tastiere e ovviamente per Abigail Morris, voce, che sale sul palco con un abito svolazzante bianco e un bellissimo velo parimenti bianco. Sì, son femmina, noto i vestiti delle altre, soprattutto quando sono così belli), un po’ perché sono genuinamente emozionate.

“Burn Alive” viene scelto per aprire lo show, serve per prendere le misure, e Abigail mette subito in chiaro che non sbaglierà una nota, pure quelle più difficili, che sul quel palco ci sta bene, e che ci starà sempre meglio mentre il concerto si snoda per le 11 tracce dell’album: “Cesar on a Tv” con quell’intro morbidone che si trasforma in un ritmato potente per poi tornare a un’apparente calma, la splendida T”he Feminine Urge” “Do you feel like a man when I can’t talk back? Do you want me or do you want control”? (potremmo aprire un dibattito? Sì, ma siamo a concerto, per cui no, al più lo apriremo in seguito).

Emily Roberts con il flauto in mano, sai da subito che partirà “Beautiful boy”, che è senza senso tanto è bella live, molto più che su disco, ed il fatto che su disco sia clamorosa dovrebbe dire parecchio su quanto la resa dal vivo sia incredibile.

Abigail riceve mazzi di fiori, ritratti di loro cinque in una cornice, un paio di occhiali con le lenti colorate, era da tanto che non vedevo un pubblico così affettuoso e umanamente coinvolto, e intanto non capisco bene come siamo già nel cuore del concerto con la sequenza “On your Side”, “Gjuha”, “Sinner” e “Portait of a Dead Girl” che ci riporta col suo incanto a terra, anche se non nella realtà.

Purtroppo sappiamo che manca poco: la cupezza di “Mirror” per lanciare “My lady of Mercy” “Strike me, pierce me straight through the heart”, e l’esplosione – inevitabile – di quel capolavoro assoluto che è “Nothing Matters”, dove tutto il locale, dalle ragazze con le coroncine di fiori alle ragazze di un tempo e perfino la “quota azzurra” tra il pubblico non può far altro che cantare, saltare e (probabilmente) pensare che questa canzone condensa pensieri, parole, presumibilmente anche azioni che appartengono a tutti: alle ragazze con le coroncine di fiori, alle ragazze di un tempo e non so quanto ma credo anche un po’ alle quote azzurre.

Sapevo che questo concerto sarebbe stato necessariamente breve, sapevo anche che sarebbe stato coinvolgente e memorabile, ma personalmente è andato oltre ogni aspettativa.