Andy Witchger, CC BY 2.0, via Wikimedia Commons

Assoluto punto di riferimento per un certo tipo di folk americano, ed icona, a suo modo, Lucinda Williams passa in Italia in un’unica data appendice del suo tour europeo, per presentare l’ultima fatica discografica, uscita lo scorso anno, dal titolo simbolico “Stories from a rock’n roll heart”, il quindicesimo disco in agenda, una carriera lunghissima, iniziata sul finire degli anni settanta, portando la Williams ai piani alti e capita, spesso e volentieri, di leggerla tra le reference di nuove leve.

Questo perché, al di là dei gusti, e delle stagioni che passano velocemente, lei rimane lì, perché i dischi sono sempre ricchi di canzoni oggi evergreen e anche le nuove composizioni reggono il confronto, citerei un pezzo come “Jukebox”, che sembra un istant classic, senza tempo, e invece fa proprio parte dell’ultimo lavoro, un brano meraviglioso, da ascoltare a ripetizione.

Dicevo, unico concerto in Italia, a Chiari in provincia di Brescia, dove esiste l’associazione ADMR, instancabile collettivo che fa capo alla cointestata web radio, che da anni organizza happening di ogni livello. Giusto per fare amarcord, passarono dalla cittadina bresciana dei giovanissimi Wilco alle prese, esattamente vent’anni fa, con la presentazione del capolavoro “Ghost is Born”.

Concerto allestito al palazzetto San Bernardino, che fa registrare il tutto esaurito, a spalleggiare la Williams ci sono un paio di artisti, che si prodigano di aprire le danze.

Ellen River, italianissima, alle prese con un folk assolutamente in linea con la serata, insieme a tre compagni di viaggio fanno un set di livello, che scalda la platea per una mezz’oretta, raccogliendo ovazioni.

Quindi subito dopo L.A. Edwards, che ha accompagnato Lucinda Williams per tutto il tour europeo, artista, che, sinceramente, non conoscevo, ma che regala una certa sorpresa, non tanto per il genere di riferimento, un folk cantautorale a tinte classiche, piuttosto per una convincente scrittura di fondo, le canzoni convincono appunto e tutto il resto viene in secondo piano. Anche lui raccoglie un plebiscito di consensi.

Subito dopo la padrona di casa sul palco per le 21,30 circa, regalerà un’ora e venti di full set senza fronzoli

Lucinda, che porta con sé qualche strascico della malattia che la colpì ormai tre anni fa, ma che non le ha tolto la voglia di portare il suo messaggio sonoro fatto di tradizioni e radici, il tutto con una voce impeccabile, la stessa dei tempi d’oro, come se non fosse successo nulla e non fossero passati quasi cinquant’anni di carriera.

Band affamatissima di suono, con un campionario di chitarre al seguito, aprono con “Let’s get The Band Back Together” proprio la opening track del nuovo disco, energica e ricca, poi tutta una serie di brani bellissimi, che valgono eccome il prezzo del biglietto, come la stupenda “Drunken Angel”, la già succitata “Jukebox” ancora più suggestiva nella dimensione live, la psichedelica “Ghosts Of Highway 20″, oppure “Portection” o “Out Of Touch”, per chiudere sul finale le rasoiate di “Honey Bee” o “Joy”, lei è un’inesauribile fonte d’ispirazione, una signora della canzone mondiale, semplicemente grande musica per un’artista immensa.