Pochi artisti, negli ultimi quindici anni, sono stati realmente “generazionali” quanto Vasco Brondi. O, almeno, in Italia. Ciò nonostante, il Nostro, pur non avendo mai amato particolarmente le luci della ribalta (a differenza di quelle “della centrale elettrica”, passateci la facile boutade) è sempre andato avanti per la propria strada, imperterrito, senza fronzoli o convenzioni di sorta. Provando anche a rischiare qualora fosse stato necessario.

Credit: Valentina Sommariva

Ed in tal senso, il suo secondo album da solista, “Un Segno Di Vita”, ne rappresenta la prova provata. Poco male. Già. Perché all’interno delle dieci canzoni che vanno a comporre la tracklist dell’album in questione, non si può fare a meno di evidenziare che tutta quella poetica urbana a cui il buon Vasco ci aveva abituato, non si è mai dispersa nel mare magnum della ripetitività o della banalità sonora fine a sé stessa. Anzi.

Ascoltando brani quali “Incendio” o la stessa, “Va’ Dove Ti Esplode Il Cuore”, brillantezza ed incisività dei testi appaiono piuttosto evidenti. Poco da dire. Certo, si tratta indubitabilmente di un disco a chiare tinte pop e dalle nette sfumature orchestrali; nulla, però, che vada ad intaccare la qualità della proposta musicale offerta dal cantautore veronese di nascita ed estense di adozione. Ed allora, tra le pieghe ovattate di pezzi in odore di epica (e di malinconia) come “Fuori Città” ritroviamo quel retrogusto dal sapore di fine Anni Zero che tanto aveva entusiasmato pubblico e critica. Non solo.

C’è qualcosa di intrinsecamente accattivante, infatti, nei refrain patinati – ma al punto giusto – di tracce quali “Incendio” o “Meccanismi”. La prima, piazzata proprio al centro del lotto, è una disamina amara e spietata delle dinamiche relazionali che spesso intercorrono fra due persone. Volendo, la si potrebbe interpretare pure come una sorta di richiesta d’aiuto da parte del protagonista del brano. Mentre la seconda – che per chi scrive rappresenta senza ombra di dubbio il vero e proprio “highlight” dell’album – possiede una struttura musicale difficilmente riscontrabile in altri lidi artistici. E lo stesso discorso, se vogliamo, lo si potrebbe estendere anche al bel featuring realizzato con un mostro sacro della canzone italica quale è Nada (“Fuoco Dentro”).

Va da sé, naturalmente, che non sia tutto oro quel che luccica e che non manchino di certo episodi un po’ meno riusciti. “Vista Mare”, per esempio, pur contendendo delle armonie (e delle lyrics) per nulla scontate, non riesce giammai a decollare. E “La Stagione Buona” appare un po’ (troppo) telefonata per andare a concludere un disco che si eleva ben al di sopra della mera sufficienza. Con “Un Segno Di Vita”, infatti, Vasco Brondi ritorna sulle scene discografiche attraverso una maturità ed una consapevolezza completamente diverse rispetto al passato. Un album ultra-pop, forse, ma dannatamente affascinante.