#10) BLACK COUNTRY, NEW ROAD
For The First Time
[Ninja Tune]
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Sin dai primi singoli questa band ha destato in me molta curiosità : quattro ragazzi e tre ragazze che sembravano essere piombati da chissà  quale angolo di un pianeta sconosciuto! E’ bastato poco in fondo ai giovani Black Country, New Road per ammaliarci e conquistarci. Il loro è un sound multiforme, eterogeneo, e già  in possesso di una forte personalità . Il termine post-rock torna buono in questo caso per riassumere le tante influenze e suggestioni qui ottimamente miscelate. Rivelazione dell’anno.

#9) VASCO BRONDI
Paesaggio dopo la battaglia
[Cara Catastrofe/Sony]
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Il cantautore ferrarese, intrapreso un nuovo corso nel quale non occorre più celarsi sotto la fortunata sigla Le Luci Della Centrale Elettrica, confeziona un album maturo, profondo e assai personale, confermando la bontà  della sua scrittura, potente e delicata insieme. Vasco Brondi è decisamente uno degli esponenti più interessanti della canzone d’autore italiana contemporanea, lontano da mode e riflettori.

#8) TULSA
Exe à‰xtasis
[Intromusica Records]

I Tulsa sono sempre più un’emanazione diretta della talentuosa cantautrice spagnola Miren Iza, che nel giro di quindici anni dalla pubblicazione del loro album d’esordio omonimo sono cresciuti esponenzialmente, ridefinendo il concetto stesso di pop spagnolo, dandone una nuova veste, forse più autentica. Canzoni dolci e intense come “Yo No Nacà­ Asà­” e soprattutto “Autorretrato” ne sono gli esempi più fulgidi.

#7) ANDREA CHIMENTI
Il deserto La notte Il mare
[Vrec Music Label]
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Andrea Chimenti con questo lavoro ha dato, semmai ce ne fosse stato ancora bisogno, un’ulteriore prova della sua grandezza come artista, in grado di superare brillantemente epoche diverse, senza smarrire un grammo di quell’innata classe interpretativa e compositiva che da sempre lo contraddistingue. “Il Deserto La Notte Il Mare” affascina in ogni singola parte e porta in dote un notevole carico di emozioni.

#6) JULIEN BAKER
Little Oblivions
[Matador]
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L’artista ventiseienne, originaria del Tennessee, non smette di stupire, e giunta al terzo album (senza contare la felice divagazione delle Boygenius, culminata in uno splendido Ep) mostra uno stile ormai riconoscibile e la capacità  di padroneggiare la “materia” a suo piacimento, per realizzare piccoli affreschi di vita quotidiana dove far emergere la propria anima tormentata e sensibile.

#5) GRAND DRIFTER
Only Child
[Sciopero Records]

Ricordo bene lo stupore e la meraviglia provati all’ascolto di “Lost Spring Songs”, primo album a nome Grand Drifter, moniker adottato dal’italianissimo Andrea Calvo. I suoi brani avevano il sapore agrodolce delle migliori esperienze indie-pop e folk di matrice soprattutto americana ma rilette in chiave personale. Con “Only Child”, giunto sul filo di lana della stagione musicale ma in tempo utile per scombinare piani e classifiche, il “miracolo” si è compiuto nuovamente, e se possibile il risultato è ancora più entusiasmante. Andrea ha stoffa da vendere e merita di essere, non solo conosciuto, ma anche celebrato per le sue indubbie qualità .

#4) IOSONOUNCANE
Ira
[Trovarobato]
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Era tanta l’attesa per il ritorno sulle scene di Iosonouncane (alias Jacopo Incani), alla luce soprattutto del precedente “Die”, che ne mise in mostra il debordante talento. L’artista sardo si è preso i suoi tempi ma ha saputo ripagare le nostre aspettative con un’opera in grado di alzare il livello della musica italiana tutta, rasentando il capolavoro. Non è un ascolto facile quello di “Ira” e non potrà  mai essere un “semplice” sottofondo, perchè inoltrandosi tra 17 episodi così misteriosi, lunari, tanto eterei quanto a tratti disturbanti, ma tutti indubbiamente intriganti, si corre il rischio di perdersi e di ritrovarsi alla fine della corsa frastornati ma pure arricchiti.

#3) DEL AMITRI
Fatal Mistakes
[Cooking Vinyl]
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Pur essendo un sostenitore degli scozzesi Del Amitri, ammetto che non mi sarei aspettato di sorprendermi nell’ascoltare canzoni il cui marchio di fabbrica mi era in fondo già  ben noto. Cosa poteva aggiungere un album che segnava il ritorno di Justin Currie e soci a distanza di quasi vent’anni dalla loro ultima pubblicazione? Fatto sta che già  in fase di recensione non riuscii a trattenere il mio genuino entusiasmo di fronte a canzoni di tale (ottima) fattura, tra una ritrovata vena per le melodie cristalline e un apparato musicale intriso di raffinatezza. I mesi passavano ma “Fatal Mistakes” riecheggiava nelle mie orecchie, a ricordarmi che, sì, sarebbe figurato tra i migliori dischi del 2021!

#2) DRY CLEANING
New Long Leg
[4AD]
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Il primo impatto con la musica dei Dry Cleaning è stato davvero forte, di quelli in grado di cambiare non certo le esistenze ma le posizioni della mia top ten sicuramente sì, in modo inesorabile! Concedetemi la premessa autoreferenziale ma sono tanti i fattori che hanno contribuito a farmi innamorare dal gruppo formatosi a Londra, la cui proposta artistica è composta di tanti piccoli tasselli che si incastrano perfettamente, dando nuova linfa al mai dimenticato filone del post-punk. Le parole sincere ed ispirate della poetessa Florence Shaw e le ficcanti e robuste sonorità  si sostengono a vicenda e finiscono inevitabilmente per avvolgere e coinvolgere l’ascoltatore, specie nelle appassionate esibizioni dal vivo, dove i Nostri mostrano grande affiatamento e unità  di intenti.

#1) SAM FENDER
Seventeen Going Under
[Polydor]
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La storia della musica è piena di cantanti che sono riusciti a inanellare un ampio successo all’altezza del debutto, ma un adagio dice che il difficile viene dopo, quando si tratta di confermare certi livelli e dare un seguito alle fragorose premesse iniziali. Ecco, per il protagonista della mia top ten annuale, lo scoglio del sophomore non solo è stato superato in scioltezza ma di fatto lo ha imposto come una delle migliori realtà  di un’epoca che appare al momento povera di interpreti in grado di rappresentarla al meglio. Sam Fender a mio avviso possiede quel quid in più rispetto ad altri epigoni affacciatisi nella seconda metà  degli anni dieci: “Seventeen Going Under” evidenzia lo stato di grazia del suo giovane autore e una vera urgenza creativa che viene incanalata in brani dall’ampio respiro, rock più nell’approccio che nei contenuti.