La musica è emozione. Non smetterò mai di dirlo. L’emozione di sentire una melodia che ti entra in testa; l’emozione di un ricordo che nasce da una canzone, un volto, un gesto, una sensazione; l’emozione di scoprire una band nuova che non si conosceva e che subito lascia il segno (mi è successo da pochissimo con i Friko, ad esempio). Ecco perché credo che su IFB la mia rubrica preferita sia proprio Brand New, perché mi permette di andare a scavare nello “sconosciuto”.

La mia nuova scoperta è per i bedbug, nome che in realtà avevo già trovato in giro, ma non mi ci ero mai accostato. Ecco quindi che solo ora, con questo quarto album della formazione di Los Angeles guidata da Dylan Gamez Citron, mi avvicino in modo serio a loro. E sono felicissimo di averlo fatto.

Un disco dallo spirito lo-fi (ma non troppo), che trasforma lo studio in cui è stato registrato in una cameretta in cui Dylan suona la sua chitarra acustica e intreccia le sue melodie e poi arrivano gli altri ragazzi della band a completare e ampliare il suono. Tutto è così delicato e lirico che ho la pelle d’oca dal primo all’ultimo brano. E quella voce a tratti un po’ sgraziata che si fa amabile, quel piacere che si colloca a metà strada tra primi American Football e Built To Spill, quel sapore agrodolce che ci resta in bocca, quella pelle d’oca al crescendo di certi brani…ecco, quelle sono sensazioni non vorrei smettere mai di provare. Mai.

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