Credit: Luca Zanovello

Ritornano in Italia anche i Kula Shaker, che va detto come siano di casa, infatti passarono sia al Barezzi nella penultima edizione del festival parmigiano, ma anche a Ferrara sotto le stelle lo scorso anno. Da Milano, invece, era un po’ che mancavano all’appello, un gradito ritorno a supportare l’ultima fatica in studio, “Natural Magick“, uscita ad inizio anno, che ci riconsegna un progetto in salute, tornato con entusiasmo a fare musica di spessore, un disco che rispetto al suo predecessore di un solo anno, risulta più fresco, catchy e diretto per la maggior parte dei suoi episodi.

Alfieri di un certo post britpop, il periodo era quello, tra l’altro con una connotazione tutta loro, presa in prestito dall’esperienza di George Harrison nei Beatles, quantomeno originale rapportata al periodo, quella, appunto, di contaminare sonorità classiche del Regno Unito a reminiscenze della cultura indiana, da qui l’utilizzo anche di strumenti non certo convenzionali come il sitar, la tambura, la tabla, o ancora di più l’esperimento di quello che oggi rimane il loro biglietto da visita più conosciuto, quella “Govinda” cantata completamente in sanscrito, diventata un hit evergreen, brano che chiude sempre le loro performance.

Siamo all’Alcatraz allestito per metà, con il palco subito in entrata. Spetta ai Mastica, collettivo veneziano aprire le danze, io non li conoscevo minimamente, e devo dire che fanno un ottimo rock seventies cantato in italiano, suonano come si deve, con un certo gusto, proprio nella scelta di una strumentazione attenta e il risultato è da applausi.

Subito dopo in orari ultra svizzeri, ore 20,59 in pacca, i Kula Shaker salgono sul palco per concludere esattamente alle 22,30 questo gradito viaggio nella loro trentennale carriera.

Lo stesso repertorio va ad esaltare la dimensione live, piuttosto congeniale, quindi fila via tutto al meglio, e “Natural Magick” la fa da padrone per una giovinezza ritrovata. E’ davvero un bel disco. Giustamente si prende parte dello spazio e di canzoni ce ne sono eccome, l’ouverture di “Gaslighting” che si porta con sé un’attitudine senza fronzoli da gustar pop, o la sbarazzina title track, ma anche “Waves” ha la peculiarità del “singolone”, alla fine saranno sette gli episodi tratti da questo fortunato ritorno.

Ovviamente non potevano mancare i capisaldi di una carriera che ha raggiunto, tra alti e bassi, appunto i tre decenni di presenza e non è certo un risultato da poco. “Infinite Sun”, “Start All Over” e ovviamente i biglietti da visita come “Tattiva” e “Govinda” ampiamente cellularizzate, canzoni che valgono un percorso ai piani alti in mezzo ad una concorrenza mostruosa, quella di metà anni novanta in Inghilterra.

Oltre a questa parentesi primaverile, che li vedrà suonare anche nella capitale, ho letto già di una data estiva al Color fest in Calabria insieme a Motorpsycho e Marlene Kuntz, per un trittico d’altri tempi.