Un cane con problemi di socializzazione costruisce un robot e i due diventano amici nella New York degli anni ’80. La strana coppia vivrà un’incantevole amicizia a base di pattinate e disco music – bellissimo a tal proposito l’utilizzo della sempreverde “September” degli Earth Wind And Fire. Fino a che un inconveniente li separerà.
Ecco, in qualunque altro film, specie d’animazione, dopo sortite oniriche agrodolci, lunghe attese con la data appiccicata al frigorifero, piani e elecubrazioni salvifiche i due si sarebbero ricongiunti.
In “Robot Dreams” invece non c’è alcun ricongiungimento e pertanto è un film che ti distrugge il cuore. Poi però forse succede qualcosa di meglio e tra le rovine che ti ha lasciato in petto, realistiche come pochi film in carne ed ossa, ci fa battere il sole e ci nasce una rigogliosa vegetazione di sentimenti inattesi, complessi, adulti. Abbaglianti.
Non lo so nemmeno se è pensato per un pubblico infantile questo film d’animazione retró, muto per giunta, del regista basco Pablo Berger, e credo che in realtà un livello di lettura per i bimbi lo abbia, oltre che disegni molto semplici e godibili da tutti. Quello che è certo è che più adulti lo guarderanno, in più impareranno a fare pace con la crudeltà dei passati interrotti.
Bello, bello, bello. Lo scrivo con il cuore in mano.