Nei quaranta minuti scarsi di “Pretty On The Inside” c’è tutto il glorioso marciume del grunge nella sua forma più rabbiosa, sanguigna e viscerale. Le undici tracce all’interno dell’album di debutto delle Hole, pubblicato il 17 settembre 1991 dalla Caroline Records in America e dalla City Slang in Europa, sono così ruvide e abrasive da far male; piccole ma dolorose lesioni che, di secondo in secondo, affiorano sulla pelle candida e liscia della giovanissima Courtney Love.

Siamo lontani anni luce dai brani a tratti graffianti, a tratti delicati di “Live Through This” e dai singoloni ultraradiofonici di “Celebrity Skin”. A regnare è il caos: i brandelli melodici che, come cerotti, vengono utilizzati per rattoppare il corpo delle Hole, devastato dalle distorsioni assordanti della chitarra di Eric Erlandson, non riescono a trasformare in vere e proprie canzoni queste incontrollate esplosioni di furia, odio, angoscia e debolezza.

Quasi paradossalmente, la voce estremamente rauca, sgraziata e potente della bionda frontwoman è quanto di più umano abbia da offrirci questo brutale mix tra noise rock, hardcore punk, sludge metal e no wave che porta il titolo di “Pretty On The Inside”. Courtney Love interpreta i testi da lei scritti ““ straripanti di immagini violente e scene di abusi ““ senza mai celare la fragilità  di una ragazza che, ad appena ventisette anni, è già  sopravvissuta a situazioni infernali.

La nicotina e il whisky che le grattano la gola “sporcano” le emozioni e le vulnerabilità  di un’artista che, per liberarsi dalle paranoie e dar sfogo al disprezzo per sè stessa, urla con una passione e un’intensità  tali da lasciare un segno indelebile nell’ascoltatore. Nei rantoli di morte e nei sussurri agonizzanti della leader delle Hole c’è tutta la disperazione di una persona le cui richieste di aiuto sono sempre andate a sbattere contro muri di indifferenza, fastidio o totale disprezzo.

La bellezza interiore non è altro che un miraggio. Un’illusione di tenerezza e compassione a cui Courtney Love si aggrappa tirando fuori le unghie, nel vano tentativo di lacerare e distruggere quella crudeltà  insopportabile che i suoi compagni di band ““ oltre al già  citato Erlandson troviamo Jill Emery al basso e Caroline Rue alla batteria ““ traducono in un suono incredibilmente cattivo, che si sviluppa seguendo un percorso impervio e disarticolato fatto di minimalismo, dissonanze, feedback, ripetizioni, ritmi asciutti, arrangiamenti disadorni e persino qualche citazione più o meno evidente (il riff di “Cinnamon Girl” di Neil Young nel breve strumentale “Starbelly”; “Clouds”, un rifacimento lento e ansiogeno di “Both Sides, Now” di Joni Mitchell).

Ogni singolo minuto di “Pretty On The Inside” è stretto nella morsa di un rumore vivo e impetuoso, reso ancor più intenso dall’eccellente lavoro svolto dai produttori Kim Gordon (la bassista dei Sonic Youth) e Don Fleming. Due collaboratori di assoluto prestigio per un disco che, seppur considerato inascoltabile dalla Courtney Love moderna, continua a esercitare un certo fascino per la sua spietata genuinità  e a esser lodato dai cultori del grunge della prima ora.

Fidiamoci del parere di estimatori ed esperti, perchè sanno come scovare il bello sotto cumuli di sporcizia. E qui di gemme grezze, luride e incrostate di sangue ne troviamo in abbondanza: “Teenage Whore”, “Garbage Man”, “Good Sister ““ Bad Sister” e “Mrs. Jones” quelle da andare a rispolverare in questo trentesimo anniversario.

Data di pubblicazione: 17 settembre 1991
Tracce: 11
Lunghezza: 38:26
Etichetta: Caroline/City Slang
Produttori: Kim Gordon, Don Fleming

Tracklist:
1. Teenage Whore
2. Babydoll
3. Garbage Man
4. Sassy
5. Good Sister – Bad Sister
6. Mrs. Jones
7. Berry
8. Loaded
9. Starbelly
10. Pretty On The Inside
11. Clouds