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Incastrare Bjork in poche parole è impresa pressocchè impossibile. Questo fascio di nervi sferzato da continue frustate di energia prosegue il suo allucinato viaggio alla ricerca del suono perfetto. La musica che crea rispecchia in pieno la sua personalità  schizzoide, l’essere due gradini al di sopra della normalità , laddove per sua stessa ammissione se non avesse fatto la musicista sarebbe finita in manicomio. Ogni sua uscita discografica è vissuta con lo stesso fremito con cui annoiati intellettuali aspettano l’esposizione di una mostra d’arte contemporanea. In quest’ultimo disco non viene meno alla sua fama, sfornando un album eclettico, carnale, quasi cantautorale, nel senso più dilatato possibile. Presa da un’irrefrenabile esigenza creativa vola negli Stati Uniti dal guru mondiale del suono più cool, quel Timbaland incensato come nuovo vitello d’oro, per farsi produrre alcune tracce di Volta. Una di queste, ‘Earth Intruders’, manifesta tutti i sintomi da ‘contemporaneità ‘, quell’esigenza di riconoscersi ossessivamente in un nuovo suono strutturato appositamente da eminenze grige illuminate chissà  da quale magica visione. Fortunatamente la voce del folletto islandese, quell’indistiguibile impasto di candore puerile ed inacidito arrochimento da vecchia strega, riesce a trasportare la canzone oltre la volgarità  della produzione standard di Timbaland e soci. Come al solito il suo è un urlo dai precisi contorni, mai rabbioso, in pieno controllo emotivo e completamente sciolto da imbrigliamenti d’ogni sorta. In effetti dopo gli sghiribizzi vocali del precedente disco torna su binari più tradizionali e per farlo chiama a raccolta un altro grande del ‘bel canto’ dei nostri tempi, quell’Antony che è riuscito ad ibridare la differenza sessuale creando un timbro vocale unico ed atemporale. Suoi sono gli inserti in ‘Dull flame of desire’ ed in ‘My juvenile’. L’album è infarcito di collaborazioni, tra le quali spicca quella di Min Xiao-Fen, suonatore di pipa cinese che a tratti fa venire in mente alcune scene del film ‘Hero’, con suggestioni campestri di ruscelli e acqua che tintinnano costanti tra le rocce. E non mancano neanche momenti di suggestione africana come in ‘Hope’, uno dei brani migliori del disco, dove la voce di Bjork si inerpica tra la kora di Tsumani Diabatè e le calde percussioni del gruppo congolese dei Konono No1. Il problema con Bjork nasce proprio come quando entro in un museo d’arte contemporanea: non so se devo compiacermi dell’incomprensibiltà  eletta a genio creativo o se devo sbarazzarmi con un sorriso sprezzante di quell’inconcepibile visione. In questo caso salvo la linearità  e coerenza di una voce originale che è riuscita a crearsi un modello comparabile solo con se stessa, ma boccio la lungaggine e l’eccessivo autocompiacimento delle composizioni, che quasi s’impongono per il loro essersi autoproclamate ‘arte’. Bjork può e deve fare di meglio, pensando di meno e lasciandosi trasportare dalla sua fulminante emotività . Allora sì, avremo un disco fenomenale.

Cover Album
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Volta [ Polydor – 2007 ] – BUY HERE
Similar Artist: Bjork, Aphex Twin
Rating:
1. Earth Intruders
2. Wanderlust
3. The Dull Flame Of Desire
4. Innocence
5. I See Who You Are
6. Vertebrae By Vertebrae
7. Pneumonia
8. Hope
9. Declare Independence
10. My Juvenile