Immaginate un cacciatore di farfalle che, intento alla cattura di un esemplare raro, non si accorge di essere circondato da altri esemplari della stessa specie, che dapprima si trasformano in esseri ibridi, metà  donna e metà  farfalla, poi lo catturano e portano a compimento la loro vendetta torturandolo e umiliandolo; o uno stregone con le fattezze di uno scheletro dalle corna acuminate che indossa un mantello nero come la notte, materializza tre donne discinte, le avvolge in un lenzuolo nero, le fa fluttuare in aria, le fa scomparire, poi le fa riapparire all’interno di tre bottiglie e le fa svanire nuovamente in una nuvola di fumo. Una di queste però, si prende gioco di lui, ricompare, lo schiaccia e lo fa smaterializzare, non prima di aver fatto svanire se stessa.

No, non sono i resoconti di una mente folle sconvolta da chissà  quale sostanza allucinogena, ma immagini provenienti dal cinema delle origini, uno scrigno prezioso da cui fuoriescono deliri, fantasie e bizzarrie di ogni genere. Scene che sembrano fuori dal tempo, perchè antichissime (di più di un secolo fa) ma allo stesso tempo tremendamente moderne ed attuali, proprio perchè attingono ai primordi dell’istinto, a quell’estasi giocosa e fanciullesca, di cui sembriamo essercene completamente dimenticati. La musica dei mantovani Tempelhof fa da perfetto contrappunto alle mirabili immagini sopra descritte, già  parte integrante del progetto “La Camera dell’Alieno”, una serie di filmati del cinema delle origini restaurati e proiettati alla cineteca di Bologna a cui il duo ha prestato il proprio commento sonoro: una spirale downtempo di preziosa malinconia, una contemplazione desolata di un aeroporto in disuso, il cinico disincanto dell’era tecnologica e l’alienazione post industriale di un romanzo di Burroughs.

Il titolo del disco, difatti, è una citazione de “Il Pasto Nudo”, una lucida istantanea sul ritmo forsennato della città , le sue luci al neon, le sue mille facce indifferenti, la sua desolazione apocalittica. Si resta spiazzati di fronte all’epicità  di “Ten Years After”, che con i suoi effetti disturbati di nastri e chitarre saturate e l’incedere marziale di pianoforte, batteria elettronica e synthesizers lancia un grido lancinante, una richiesta d’aiuto in mezzo al frastuono delle macchine ed il fumo delle ciminiere, quasi come i Sisters of Mercy, ma con una liricità  che ricorda i Goodspeed You! Black Emperor.

Ci si ammalia al suono denso e penetrante della chitarra acustica che si fa strada tra effetti elettronici, synth e batteria elettronica, che si incasellano tra di loro come un mosaico espressionista nella pregna “The Black Calipso”. Difficile restare impassibili di fronte alle mirabili escursioni ambient di “Frequency”, quasi una gelida istantenea di un areporto siberiano, come farebbe il miglior Brian Eno, o alla fantasmatica “Alice”: un pianoforte, effetti sonori che simulano il vento gelido dell’Alaska o semplicemente una gelida mattinata di provincia, sempre uguale a se stessa, scandita dai ritmi lenti e monotoni del quotidiano che sa essere il peggiore degli incubi, come potrebbe descriverla il migliore Thom Yorke. Ma questi riferimenti sono fuorvianti e non rendono giustizia al magnifico duo mantovano, autore di composizioni preziose da ascoltare e riascoltare con le cuffie, scorgendo dalla finestra della propria stanza la pioggia cadere incessante, alla ricerca disperata di un sogno che ci liberi dalla schiavitù del vivere moderno o di due ali per volare alto nei cieli rarefatti di una Berlino sospesa, magica.
I Tempelhof sono qui per restare e farvi vibrare, parola mia.

Cover Album

We Were Not There For The Beginning, We Won’t Be There For The End
[ Distraction – 2009 ]
Similar Artist: M83, Brian Eno, Systers of Mercy, Thom Yorke
Rating:
1. Ten Years After
2. Fatal Familiar Insomnia
3. Aquaplaning
4. Berlin
5. Enjoy Neukölln
6. The Black Calypso
7. Frequency
8. Song for Lily
9. Alice
10. We Were Not There For The Beginning. We Won’t Be There For The End