La prima volta che ho visto Ian Brown dal vivo era il 28 Settembre 1989. Era con gli Stone Roses al City Square, oggi Limelight, a poche centinaia di metri dai Magazzini Generali dove si è esibito stasera.
Il mondo era molto diverso rispetto ad ora: c’era, ancora per poco, il muro di Berlino, pagavamo in Lire, non c’erano cellulari nè internet. Per saperne di musica bisognava andare in Stazione Centrale a comprare il Melody Maker o il New Musical Express.

Nel vedere sul palco “King Monkey” continuavo a pensare a quanto fosse accaduto nel frattempo e che, di fatto, lui era un superstite dei tempi che furono. Molti artisti suoi coetanei non ci sono più e pure lui non se l’è passata tanto bene, finendo nei guai spesso, fino alla detenzione nel carcere Strageways di Manchester per aver ferito una hostess.
Un personaggio simbolo, una pietra miliare vivente di quello che è stato il pop degli anni 90 e della prima decade del nuovo millennio. Inutile dire quello che la musica sarebbe stata senza di lui.
A 21 anni di distanza da quella prima volta, rivedo sul palco questo personaggio mitico e pur se incredibilmente stonato, mi passa davanti una vita intera, passata a sfogliare riviste, a cercare CD nuovi e brani particolari, a vedere concerti e inventare programmi alla radio. Anche la mia di vita, forse, sarebbe stata diversa senza di lui.

E vederlo così sul palco, quartantatreenne, incredibilmente somigliante a Mehmet Ali Agca, scheletrico, quasi una controfigura di se stesso, che stonatissimo ripropone “Fools Gold” riesce in ogni caso ad emozionarmi.
Cadono muri, torri gemelle, cambiano le monete e le tecnologie. Ma queste cose restano.
Grazie Ian.

Articolo di Bruno De Rivo

Sono le 22 spaccate quando sul palco dei Magazzini Generali di Milano, saltellando come un pugile, fa il suo ingresso da Warrington (UK) Ian George Brown. Dietro gli occhiali da sole si nasconde una delle più influenti personalità  della musica britannica degli ultimi vent’anni, che con il suo suono e soprattutto il suo atteggiamento tuttora è considerato un modello di stile.

Non starò qui certo ad elencare le varie e ben note band e conseguenti frontman che hanno tratto ispirazione dal ex leader dei benedetti Stone Roses, che con solo due album cambiarono la storia inglese, ma un promemoria per tenere a mente i meriti di Mr Ian Brown è dovuto e più che mai utile. Si, utile perchè pochi si ricordano un piccolo particolare, ovvero che nonostante il suo mestiere sia proprio il cantante, la sua voce è ironicamente debole, e stonata. Il set si apre con “Crowing for the Poor” che con qualche stratagemma, come le mani a conca attorno al microfono, riesce ancora ancora a risultare piacevole. Man mano però che si passano in rassegna i singoli storici dei suoi 7 album da solista, come “Time is My Everything” o ” Vanity Kills” la voce tende a peggiorare sempre di più.

Il pubblico se ne accorge e Ian innervosito li continua a provocare inneggiando al fatto che siano tutti troppo stanchi di lavoro per ballare. Arriva anche ad interrompere tutto per chiedere solo l’accompagnamento ritmico del batterista a sostegno di improvvisate lezioni di ballo alla gente presente nel locale. Tutto vano purtroppo e con “F.E.A.R.” si raggiunge l’apice delle stecche, probabilmente dovuto al fatto che King Monkey si lascia un po’ andare fregandosene più dell’aspetto fisico della performance, che di quello qualitativo. Rientrato dalla breve pausa ci prova anche rispolverando “Fools Gold” nel tentativo di smuovere qualche culo in più, e in effetti ci riesce, ma senza risultati ecclatanti. Così quando chiude con il singolo del nuovo album “My Way”, ovvero “Stellify” , la gente che era venuta a sentirlo tanto perchè fa figo, ed erano in molti, se ne torna a casa un po’ delusa.

I fan storici invece estasiati dall’immenso ego di Ian Brown, che con una personalità  gigantesca tiene il palco e lo show da solo (la band che lo accompagna è ottima ma completamente anonima, una scenografia) avranno un altro splendido ricordo da aggiungere ai quasi sicuri precedenti a cospetto di un, autoconsapevole, mito.

Articolo di Riccardo “Friccardo” Valentino

Setlist
CROWNING OF THE POOR
GOLDEN GREATS
TIME IS MY EVERYTHING
ALL ABLAZE
KEEP WHAT YA GOT
SAVE US
LIKE A FOUNTAIN
CORPSES IN THEIR MOUTHS
LAUGHT NOW
VANITY KILLS
OWN BRAIN
LONGSIGHT M13
MARATHON MAN
SISTER ROSE
F.E.A.R.

-encore

FOOLS GOLD (Stone Roses Cover)
STELLIFY
JUST LIKE YOU

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IAN BROWN su IndieForBunnies: