Sentir parlare al giorno d’oggi di ‘folktronica’ mi fa venire in mente gli esordi di Beth Orton, che nel 1996 se ne uscì con quel gioiello chiamato “Trailer Park”. Seppur preponderante nell’aspetto folk, l’utilizzo dell’elettronica ne caratterizzò il suono come qualcosa di nuovo e originale, paragonabile concettualmente a quello che Erikah Badu rappresentava (e rappresenta ancora oggi) per il soul. E’ un’opera di rimodernamento di un genere che così risulta attualissimo ancora oggi che sono passati quasi quattordici anni.

Oltre l’originalità , ciò che rende un disco speciale è la qualità  delle canzoni, che qui ricamano una tessuto delicato e a tratti malinconico, talvolta più solare, giocando concolori tenui e giochi di luce. Gli episodi più sintetici come “Tangent” o la conlcusiva “Galaxy Of Emptiness” sono quelli che durano di più, trasfigurando la forma canzone in un pastiche sonoro che prende spunto dalle collaborazioni precedenti di Beth, soprattutto quella con Orbit, co-autore di alcune canzoni, avvicinandone lo stile ai canoni del trip-hop. Fanno da contraltare momenti di classico pop acustico come “Live As You Dream” o episodi delicatissimi come “Sugar Boy” e “I Wish I Never Saw The Sunshine”, dove l’elettronica fa da semplice contorno o si dissolve del tutto. I brani, pur risultando molto diversi tra loro, dipingono un quadro omogeneo che si attesta sempre su livelli di eccellenza.

Un disco che andava decisamente riscoperto. A correrci in aiuto in tal senso è la succosissima ‘legacy edition’, data alle stampe qualche mese fa, che oltre all’album offre un secondo cd con alcune b-sides e inediti di discreta fattura, praticamente una ghiotta occasione per chi si fosse lasciato sfuggire un disco che ha fatto scuola. “Trailer Park” ancora oggi risulta un paio spanne sopra la marea di uscite del genere che sovraffollano il mercato discografico. Oggi anche la stessa Beth Orton ha preferito ormai la strada del folk-pop tout court, tralasciandone le caratteriste elettroniche, regalando così ancor più fascino ed importanza ad un disco capace ancora di regalare emozioni profonde ed originali.

Photo Credit: Eliot Lee Hazel