Dio Mio, Odio Me Stesso (!) è l’ennesima fatica in studio dell’immarcescibile Jamie Stewart (non più accompagnato da Caralee McElroy, passata ai Coldcave e sostituita da Angela Seo, fascinosa dama dagli occhi a mandorla), eroe del rock indipendente sperimentale degli anni 2000. Insomma un classico della nostra era che oggi, stranamente, è stato un po’ messo da parte, soprattutto dai critici che non sono più riusciti a stare appresso alle continue uscite targate Xiu Xiu (sette dischi a partire dal 2002, senza contare i vari Ep, le collaborazioni etc. etc.) nè sono riusciti a digerire mai del tutto i bizzarri incastri sonori tipici dello stile musicale di Jamie e soci.

Nel 2010 gli Xiu Xiu si presentano in una veste un po’ meno minacciosa e con un indole un po’ meno ‘de costruttiva’. Di solito un disco di questa strampalata realtà  musicale va ascoltato più volte prima di essere del tutto compreso, mentre invece il nuovo album riesce a colpire nel segno da subito. I fan di Jamie non devono temere nulla. Il fascino dei brani marchiati dalla doppia X rimane assolutamente intatto. Semplicemente la soluzione del rebus sonoro è immediatamente a portata di mano. Cuore e cervello invece di essere dilaniati e sparpagliati nello spazio micro/macroscopico del sè vengono massaggiati amabilmente e con grazie e cura inedite preparati alle pur sempre presenti incursioni di suoni brutalmente manipolati e rivomitati in maniera apparentemente distratta.

L’accoppiata iniziale “Gray Death” (mirabile e sorprendentemente orecchiabile impasto di pop intirizzito, wave glaciale, pulsioni classico-postmoderniste e punk robotico) e “Chocolate Makes You Happy” presenta degli Xiu Xiu mai così accessibili e addirittura canticchiabili (il ritornello della seconda è davvero irresistibile). Rimbambiscono, deprimono e rallegrano al contempo le ‘stortaggini’ sintetiche di “Apple For A Brain” e “Secret Motel”, pezzi adatti ad una ideale colonna sonora di un improbabile e impossibile videogioco pregno di nichilismo moderno ma dallo stile vagamente ottantiano. “Dear God, I Hate Myself” e “This Too Shall Pass Away” richiamano alla mente “Suha” e “I Broke Up” (dal primo album, “Knife Play”), solo che stavolta avvertiamo una maggiore leggerezza accanto a quel senso di tragicità  che comunque è sempre incombente.
Detto questo, i picchi di eccellenza del disco sono rappresentati (toh!) dalle canzoni più tristi del lotto, ossia “House Sparrow” (la mia preferita, una sorta di supercontraffatto post-punk estremamente ansiogeno) e la noiresca e vagamente teatrale “Falkland Rd.” .

Certo più passa il tempo e le uscite si ammucchiano e meno Jamie ci stupisce. Ma mentre si cerca il colpo di scena sonoro forse si dimenticano le abilità  compositive del musicista californiano, che qui si dimostra, più che genietto dello sperimentalismo, maestro “pop”, anche se sempre di pop storto e grottesco (quando non goticheggiante) si tratta.

Dear God, I Hate Myself
[ Kill Rock Stars – 2010 ]
Similar Artist: Pere Ubu, Larsen, Einsturzende Neubauten
Rating:
1. Gray Death
2. Chocolate Makes You Happy
3. Apple for a Brain
4. House Sparrow
5. Hyunhye’s Theme
6. Dear God, I Hate Myself
7. Secret Motel
8. Falkland Rd.
9. The Fabrizio Palumbo Retaliation
10. Cumberland Gap
11. This Too Shall Pass Away (For Freddy)
12. Impossible Feeling

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