Marti, scena seconda. La creatura di Andrea Bruschi torna sulla scena del delitto cinque anni dopo quel “Unmade Beds”, che fece molto parlare di sè in Italia e all’estero, tanto da scomodare la Fod Records. A connotare quel lavoro erano atmosfere da cinema noir, testi ombrosi e belle foto a corredare il tutto (scriminature e sguardi alla Alain Delon giovane, per dire), i paragoni con Nick Cave e Brian Ferry si sprecarono.

Per questa seconda prova ci muoviamo nello stesso solco precedentemente tracciato: chiaro-scuri, cantautorato, jazz e soul, i Sessanta, sguardi accigliati e abiti eleganti. Bruschi, cantante e attore di seconda fascia, genovese di stanza in quel di Berlino, si affida nuovamente agli ottimi Simone Maggi e Claudia Natoli, nonchè a ospiti illustri del calibro del batterista Clive  Deamer (Robert Plant, Portishead), per avvolgere la propria voce baritonale e confezionare “An 11 song cinematic affair”. Da qui il primo problema: il timbro di Bruschi non colpisce, non è potente e nemmeno evocativo, in alcuni casi ricorda piuttosto alla lontana quella di Bowie ma in generale si muove troppo piatta tra le composizioni che, per forza di cose, non riescono a scavare nell’anima dell’ascoltatore. Le canzoni stesse non brillano certo per originalità , scialba eco(s) di certi  Pink Floyd acustici, qua e là  qualcosa dei Cousteau ma in fin dei conti regna il già  sentito. Di certo nulla che possa permettere il paragone con il Re Inchiostro, non scherziamo per favore. A regalare un pizzico di sale (sulla coda), il brano conclusivo della scaletta, l’unico cantato in italiano, “Per pochi attimi” adattamento ad opera di Francesco Bianconi dell’originale “The Price We Pay”, che strappa un sorriso, per pochi attimi appunto. Ma che potrebbe pure essere sprone per una svolta nella carriera di questo progetto, altrimenti destinato alle retrovie.

Certo il prodotto è ben confezionato, dal punto di vista musicale e pure da quello promozionale: bel packaging, ottime foto, strepitosi abiti e pettinature, quelle pose da rotocalco d’antan però si potevano risparmiare. Insomma sotto la patina bella lucida delle strategie operative, di sostanza, di materia viva e pulsante, di bisogno di comunicare ce n’è ben poco.

Better Mistakes
[  Fod – 2011 ]
Similar Artist:  Brian Ferry, David Bowie, Cousteau, Pink Floyd
Rating:
1. Intro
2. The Price We Pay
3. In Flagrante Delicto
4. Wouldn’t It Be Fine
5. The Return Of Dishwasher
6. 10 Long Years
7. Havana Bride
8. Better Mistakes
9. The Most Implausible Thing
10. No Stains
11. It Doesn’t Make Me Happy
12. The Girl That Turns Off Street Lamps
13. Per Pochi Attimi