Caro DJ Shadow,
ti scrivo questa lettera perchè ho avuto modo di ascoltare il tuo nuovo disco “The Less You Know, The Better” ed istintivamente ho sentito che dovevo dirti un paio di cose per liberarmi di un peso. Io e te non parliamo mai, ed allora tanto vale scriverti così se vuoi con calma mi rispondi. Se non mi rispondi è uguale, ti stimo ugualmente.

Per tagliare la testa al toro: il disco nuovo è semplicemente favoloso. Si sente che è fatto con il cuore e che dietro ci sono passione, cura maniacale per il particolare e tanta perizia tecnica. Nel tuo campo sei una spanna superiore alla concorrenza ma non lo fai pesare, mantenendo un atteggiamento schivo e prendendoti pure il lusso di uscire più o meno ogni cinque anni (il che – in un’epoca in cui c’è gentaglia che esce con tre album in tre anni e poi scompare dalla circolazione perchè è già  superata – non è cosa da poco). Scommetto che anche per questo “The Less You Know, The Better” tu, i tuoi giradischi ed i tuoi dischi avete lavorato interamente in analogico, non prendendovi nemmeno la briga di ripulire le registrazioni dal fruscio del vinile. Lo sento dal calore del suono, lo sento dal fatto che quando ascolto le tue composizioni mi aspetto che da un momento all’altro prendano vita ed escano dalle casse per portarmi altrove, e non posso che approvare. Questa non è opera del primo sucker che fa musica grazie ad un MacBook e ad un paio di software cracckati. Cose come la new wave fuori dal tempo/fuori dallo spazio di “Warning Call”, gli Zero 7 ridotti all’osso di “I’ve Been Trying”, la toccante “Sad And Lonely”, i poderosi chemical beats di “I Gotta Rock”, la straziante “Give Me Back The Nights” e tutto il resto stanno lì a testimoniare la tua grandezza, ed ogni volta che le ascolto inizio a pensare a come sarebbe se un giorno tu avessi davvero la possibilità  di affrontare e vincere la sfida con il pop da classifica. Hai già  rischiato di farlo con il disco di debutto degli U.N.K.L.E. ma per un qualche motivo tu ed il tuo sodale James Lavelle non ce l’avete fatta, forse non ci avete creduto abbastanza, forse eravate troppo complicati per quel genere di pubblico o ben più probabilmente non era tempo. Succede.

Ecco, era qui che volevo arrivare. Il tempo. Comunque vadano le cose lui passa, però tu intanto son già  passati quindici anni da quel capolavoro che era “Endtroducing”, hai fatto altri ottimi dischi (da solo e con gli U.N.K.L.E.), ti sei evoluto come artista e come uomo, eppure la critica (e, più in generale, la gente) ti ricorda solo per “Endtroducing” e vorrebbe che lo ripetessi all’infinito, sempre uguale e sempre così figlio di quegli anni. Per carità , tu ci hai messo del tuo imbarcandoti in un tour nel quale lo riproponevi per intero per festeggiarne il quindicesimo anniversario, però è comprensibile vista la freddezza (è un eufemismo) con cui sono state accolte le tue ultime uscite. Pecunia non olet, come si suol dire ““ però io preferisco considerare anche il fatto che esistano determinati artisti (ad esempio come te, come gli Air, come i Doves) che in quegli anni se ne sono usciti con debut album talmente belli da venire poi condannati ad a doverli ripetere all’infinito per accontentare fan e stampa specializzata.

Così va il mondo purtroppo, ma tu fregatene di tutto e vai avanti per la tua strada perchè finchè c’è musica come la tua c’è ancora speranza. Ringraziandoti per ciò che anche questa volta sei stato in grado di fare ti saluto, con rispetto.

Credit Foto: Derrick Daily