Nel 2007, al termine dell’anno occorsogli per la realizzazione del suo (a questo punto pen)ultimo “Sun Wheel”, il newyorkese Mike Wexler si ripromise di non impiegare così tanto tempo per le registrazioni dell’album successivo. E ovviamente di anni, da allora, ne son passati cinque. Si da il caso però che la puntigliosità  con cui “Dispossession” è stato modellato, rimodellato e infine partorito compensa l’attesa per un ritorno dopo così lungo iato.

A proposito del titolo, lo stesso Mike afferma che vi si può pensare “come ad uno stato di totale nullatenenza, il che è doloroso ma anche preliminare ad un risveglio”. E in effetti, l’ascolto del disco trasporta in un che di sospeso ed etereo simile ad una situazione di sogno. Pare di vederlo svolazzare vagante, il menestrello Mike, come una sorta di Ariel (spirito dell’aria che nella Tempesta shakespeariana si reinventa anche cantante ammaliatore) in compagnia della sua fida chitarra, fingerpickettata con leggiadria. E noi appresso a lui.

Con quella voce da Robyn Hitchcock androgino, Wexler attinge a mostri sacri come Nick Drake nell’iniziale “Pariah”, Robert Wyatt e Kevin Ayers (due terzi di una delle band più geniali della storia in genere e segnatamente di quella della scena di Canterbury, i Soft Machine) in “Liminal”, Syd Barrett nel valzer pianistico di “Prime”, i Beatles sulle strisce pedonali nella parte conclusiva di “The Trace”.
In atmosfere spaced-out si situa invece “Gliph”, arricchita di arpeggi arabeschi, mentre Spectrum (otto minuti e non sentirli) è la colonna sonora perfetta per l’attraversamento di un fiumiciattolo indiano in piena notte, da bravi predoni muniti di bonghi.

Al termine di “Liminal”, la cui coda fluttuante è simile ad un arrivederci protratto all’ infinito, sembra effettivamente di risvegliarsi. Vi risparmio le solite chiose del tipo …Ma ci si riaddormenterebbe volentieri; vi dico piuttosto che ci si risveglia ritemprati, tutt’altro che assonnati, con le orecchie e i sensi che ringraziano. Speriamo solo che il buon Mike non si sia avventurato in promesse avventate.

Photo Credit: Bandcamp