A distanza di un solo anno da “Poveri Cristi: Vol.2” il secondo disco di Dario Brunori, la Picicca Dischi pubblica in questo 2012, uno dei lavori più belli in assoluto del panorama italiano degli ultimi tempi. “Sarebbe Bello Non Lasciarsi, Ma Abbandonarsi Ogni Tanto E’ Utile” seconda opera solista di Antonio Di Martino è un disco che omaggia la canzone italiana. Un disco maturo ed emozionante. Un netto passo in avanti dal suo predecessore, “Cara Maestra Abbiamo Perso” del 2010, dove una qualità  maggiormente acerba, portava alla luce la poetica del cantautore palermitano. In questo nuovo episodio, DiMartino abbandona (quasi) del tutto la ruvidezza del suo rock per calarsi in una versione più soft che ci riporta in mente la leva dei cantautori storici italiani.

11 tracce che entrano dentro, parlando di amore, disillusioni e sogni. Ed una maturità  artistica che arriva a stupire. Perchè onestamente in cosi poco tempo, la crescita stilistica, sia nelle parole che nelle musiche è stata veramente sorprendente. Ci sono canzoni che profumano sin da subito di capolavoro. Vedi “Non Siamo Gli Alberi”, una canzone che emoziona sin dal primo ascolto, partendo dalla sua architettura pop-sanremese (ammettendo che dal festival sono anche uscite delle belle canzoni), alle sue parole mai cosi sincere (sarebbe bello non lasciarsi mai, ma abbandonarsi ogni tanto è utile, o necessario alla sopravvivenza di animali in estinzione come noi).
Vedi “Non Ho Più Voglia Di Crescere”, che sembra provenire dalle session di “Cara Maestra Abbiamo Perso”, tra il suo disincanto acuto ed il suo ritornello liberatorio. Vedi la malinconia riflessiva e toccante di “Maledetto Autunno”, oppure l’imprevedibilità  di “Cartoline da Amsterdam”, dove si avvalora della collaborazione di Giovanni Gulino dei Marta Sui Tubi. Vedi “Venga Il Tuo Regno” , emblema perfetto del suo stile narrativo sempre più affinato o la nostalgia di “Oramai Siamo Troppo Giovani”.
Non voglio citare tutte le canzoni, perchè sono sicuro che ogni ascoltare troverà  i suoi brani preferiti, che consumerà  nel suo lettore, imparando ogni singola parola.

Alla fine dell’ascolto di questo album si ha l’impressione che questo disco difficilmente passerà  inosservato. Semmai si ha la netta sensazione che nell’arco di questi due anni che separano DiMartino dal suo debutto, ci sia stata una sorta di folgorazione compositiva, capace di donarci in questo anno, uno dei dischi più emozionanti. E speriamo che non sia l’ultimo.