Due musicisti dalle origini torinesi, già  attivi in vari progetti (Davide Tomat, per esempio suona anche in quei N.A.M.B. di cui vi abbiam parlato anche noi), si sono uniti in questo progetto: i Niagara sono dunque un duo che, al primo album, già  mostra ambizioni elevate.
Un disco, questo esordio, che conta otto tracce e che mostra il numero simbolo dell’infinito anche in copertina e nel titolo: è quindi non solo ovvio, ma persino necessario ritrovare in queste composizioni una percezione d’infinitezza, intesa nel senso michelangiolesco del termine, uno sforzo affinchè l’arte sappia sopravvivere al suo tempo facendosi portatrice di una continua volontà  creatrice.

Sensazioni tutt’altro che semplici da trasmettere, ma i Niagara scelgono di muoversi in un territorio border-line: una mai sopita immediatezza pop viene ibridata attentamente con influssi psichedelici e tanta delicata elettronica.
Si viaggia perciò tra passato e futuro, si guardano convivere pacificamente gli strumenti acustici del folk e la tecnologia del mondo contemporaneo: l’inizio è breve e semplice, affidato agli arpeggi liquidi di “Eight”, ma l’accattivante ritmica drum’n’bass della successiva “Superbe” svela maggiormente il sound che i Niagara vanno cercando. E se il singolo “Seal” ci propone una versione meno acida ma altrettanto coinvolgente degli Animal Collective, “Watershipdown” chiama addirittura in causa le complesse partiture dei Radiohead più elettronici.
Non vi sono però appigli facili in questo disco e dallo spazio cosmico ci si può ritrovare improvvisamente in un raduno hippie (“Etacarinae”) oppure in una discoteca terribilmente lisergica (“E.V.A.”). Che la conclusione sia poi affidata ai sentori beatlesiani di “Love Me Love Me” pare quasi cosa dovuta.

Non tutto gira alla perfezione, ma la nascita di un nuovo interessante progetto artistico è avvenuta: a noi non resta che congratularci con i Niagara per l’ottimo inizio e accompagnarli pazientemente nel loro percorso.