Paris Hurley ha studiato violino per anni, prima di cambiare strada. Il suo è un percorso artistico sui generis, radicale sia con i Kultur Shock – la sua prima band – che con il progetto Object As Subject nato a Seattle in chiave solista nel 2014  poi trasferito a Los Angeles e ora a Filadelfia.

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“PERMISSION” – l’esordio del 2018 – era un aggressivo manifesto punk brutale e senza compromessi, il secondo album torna a parlare di dubbi e paure inserendo l’elettronica in undici brani volitivi e tenaci, minacciosi, claustrofobici e irresistibili. L’ingresso di Ben Kaplan (Sleep Maps / Lost Future Records) nelle vesti di produttore e di collaboratori come Jherek Bischoff e Emily Hope Price dona a “Heretic” un’atmosfera oscura, rabbiosa.

La title track in apertura colpisce duro, con ritmi martellanti e quasi industrial, gli stessi che in “Monsoon” trovano melodie cattive e decise, un tappeto di suoni e voci sovrapposte che in “Conjuring” sfiora la dance ritmata con i sintetizzatori veri protagonisti. Grandi atmosfere quelle di “Dig Unearth” mentre “Temporary Bodies” ha l’incedere nervoso di una Peaches ben più dark, artista che insieme a Emma Ruth Rundle è forse il paragone più giusto per descrivere questo secondo album.

Non rinuncia all’atteggiamento punk e ribelle Paris Hurley, soprattutto in “Hunger” con la batteria tribale spinta al massimo, si regala però diversi momenti di rara bellezza e poesia come “Holy” tutta giocata sull’arrangiamento vocale. “Mass” cresce lentamente con un’energia propulsiva quasi metal, un finale esplosivo e distorto e trasporta verso gli ultimi due – tre brani dove le carte in tavola cambiano ancora.

“Flesh” ad esempio è minimale solo in apparenza, incredibile per intensità con la voce di Paris dolorosa e spettrale, aggrappata agli strumenti che la circondano in un crescendo di grande potenza e che dire poi di “The Body Knows” gioiellino elettro – pop sincopato e distorto, che riserva molte sorprese. Melodico e grintoso, ispirato in parti eguali dalla maternità, da un’infanzia passata nel deserto di Sonora, “Heretic” è liberatorio e camaleontico, un mondo a parte  tra sintetizzatori, archi e molta creatività.