La non ponderabilità  del caso è alla base di molte scoperte e così, spesso, la casualità  riesce a generare energie forti che danno forma e sostanza a rivelazioni uniche.
E’ da un incontro fortuito in un luogo anonimo, di passaggio,uno dei non-luoghi contemporanei per antonomasia come una stazione ferroviaria, che la mannequin dotata di voce Tessa Murray e il musicista migrante, cittadino a stelle e strisce in terra di Albione, Greg Hughes entrano in contatto: un cortocircuito che porterà  i due ad intraprendere un percorso artistico comune e alla formazione, in compagnia di Leon Dufficy e Luke Jarvis, degli Still Corners.

Hughes, compositore e polistrumentista, cresciuto con la passione per le colonne sonore (da Ennio Morricone ad Angelo Badalamenti) e la tensione tutta oscura e malata del Lynch piu’ autentico, scrive musica e testi per il gruppo lasciando alla Murray, sirena sinuosa e ammaliatrice, il compito di tradurre in canto le emozioni e le forti immagini suggerite nei testi. Su tutto una incisiva impronta new wave dark arricchita da quel dreampop, figlio degli anni ottanta, che solo di recente la presbiopia critica è riuscita a riabilitare appieno.
Dopo la registrazione di vari demo casalinghi gli Still Corners giungono alla prima vera incisione: “Remember Pepper?” (Self-released, 2008) un mini album completamente autoprodotto che getta le basi di quel sound che li caratterizzerà  e che darà  ad Hughes & co. la possibilità  di essere ascoltati. Dopo il singolo “Don’t Fall In Love” (The Great Pop Supplement, 2010) il gruppo approda finalmente ad una label di tutto rispetto: la Sub Pop. Viene quindi stipulato un contratto di collaborazione ed inciso e distribuito il primo singolo Cuckoo anticipazione del disco d’esordio “Creatures Of An Hour” (Sub Pop, 2011). Il pezzo, accompagnato da un video oscuro e malato in stile onirico-fetish diretto da Lucy Dyson, lancia gli Still Corners in un nuova avventura.

“Creatures Of An Hour” è musica cinematica derivazione diretta di un sound molto vicino all’ipnotismo dei Broadcast ma virato attraverso una oscura e penetrante atmosfera di mistero in puro stile This Mortal Coil, un mix perfetto che avvicina il disco alle suggestioni gotiche di gruppi come XX, Cat’s Eyes e Esben & The Witch ma dai quali prende le distanze riproponendo tutto in salsa dreamy accostandosi così ai compagni di label come i Beach House e i Memoryhouse. Dieci pezzi per quasi 32 minuti di musica vischiosa e seducente, cupa e sognante che culla l’ascoltatore ma che mostra però una non coerenza di fondo rendendo cosi l’opera, a tratti, discontinua e disaggregata. L’uscita del disco è accompagnata da un lungo tour promozionale che porterà  gli Still Corners ad esibirsi in molti festival in giro per il mondo, approdando anche in Italia per alcune date.
Sono ormai passati due anni e Greg e Tessa, cresciuti artisticamente ma rimasti da soli a formare il gruppo, danno alle stampe il 7 maggio di quest’anno il secondo lavoro ufficiale “Strange Pleasures” (Sub Pop, 2013) che si distingue da subito per l’eccezionale virata electro-synth pop ed un piglio del tutto più catchy. Restano invariate le linee melodiche di fondo che si spogliano però della pesantezza dark degli esordi allineandosi cosi’ alle tendenze dreampop più attuali. E’ facile cosi’ ritrovare nel disco echi dei Chromatics e dei Boy Friend, vicinanze ai Trailer Trash Tracys e alle Puro Instinct o richiami ai Blouse.

Il viaggio negli strani piaceri inizia con The Trip: una brano lieve e sognante retto da una chitarra incisiva e da un tappeto di synth forti e potenti che richiamano atmosfere molto Cure del periodo Wish; prosegue con Beginning to Blue pezzo armonioso di ambientpop con forti venature triphop che riporta alla mente Liesje Sadonius e i belgi Hooverphonic degli esordi. I Can’t Sleep, ballata onirica e barocca, mostra in tutta la sua magnificenza la forte vicinanza tra Tessa e la Fraser di Four Calendar Cafè, periodo Fontana dei Cocteau Twins, mettendo a fuoco la forte derivazione degli Still Corners dal sound della band seminale del movimento dreampop.

“All I Know” soave e sussurrata apre a “Fireflies” che con il suo incipit orientale ricorda i Japan di “Tin Drum” e prepara il terreno a “Berlin Lovers” esplosione gioiosa di puro synthpop che con la sua drum machine cadenzata e raccordata con sintetizzatori dal sound freddo e lucido, molto eighties, stende un velo ideale per la voce sinuosa di Tessa che si amalgama ai suoni favorendo così un impasto sonico unico e ammaliante. Lanciato dal video di Christian Sorensen Hansen, già  collaboratore visivo di molti gruppi alternative americani tra i quali Kitten, Gold Lake, Wild Child e Campfire OK, “Berlin Lovers” è forse il pezzo più rappresentativo dell’intero albo mostrando in maniera inequivocabile la nuova sferzata del sound Still Corners meno cupo e inquietante ma più disteso e seducente. Strange Pleasures avanza con “Future Age” episodio tutto giocato sui sospiri della Murray che si propagano, diradandosi, su traiettorie dreamy e che in questo pezzo più che in altri l’avvicinano molto alla Legrand dei Beach House. “Going Back to Strange” è invece una deliziosa e preziosa perla nera, notturna leggera ed impalpabile mentre “Beatcity” e “Midnight Drive”, con i loro diversi campionamenti e un groove forte e robusto fatto di atmosfere fumose e oniriche, favorite dalla voce di Tessa e dalla chitarra dilatata di Greg, rendono più che mai tangibile l’accostamento del gruppo al sound Chromatics. Il disco si chiude con “We Killed the Moonlight” e la title track “Strange Pleasures”: caleidoscopio visionario dal riff penetrante e ripetitivo organizzato intorno a suoni sintetici provenienti da una sorta di carillon postmoderno in cui la vorticosa danza della ballerina Tessa ci conduce alla fine di questo viaggio in note, svegliandoci, all’improvviso, dall’ipnotismo del suo canto e lasciandoci soli, abbandonati e sospesi, orfani, nella nostra lotta per la sopravvivenza in una quotidianità  del vivere dura eppure reale, ma contenti di aver assaporato e goduto per un po di questi strani piaceri.