Che Mark Lanegan sia un genio è cosa assodata, nomi come Screaming Trees e Queens Of The Stone Age, i gruppi in cui ha militato, sono sufficienti a dare la dimensione di questo artista, senza dimenticare poi l’importante collaborazione con Isobel Campbell dei Belle and Sebastian. Una luminosa carriera purtroppo funestata da pesanti problemi con droghe ed alcool, ma uscito dal tunnel, speriamo definitamente, eccolo nuovamente sulle scene con questo “Phantom card”.

Un gran bel giro in arpeggio è l’intro di “Harvest Home”, i rullanti iniziano subito a farsi sentire mentre la voce roca ed abrasiva di Mark incide in profondità . Un brano intenso e potente di grande bellezza, una pressione che svanisce nella seguente , dolcissima ballad, “Judgement time”. Breve, ma intensamente affascinante, è una poesia acustica di rarefatta intimistica passione. Una vera chicca la terza traccia, “Floor of the ocean” è un universo di suoni eterei, di giri di accordi che si susseguono con magnificenza. La voce di Lanegan è perfetta interprete assecondando in maniera perfetta lo scorrere sinuoso del brano, una cornice sonora affascinante su cui il singer si esprime al massimo.” The Killing season” è una tranquilla passeggiata su una batteria che imprime un ritmo tranquillo e rassicurante, una strada conosciuta che ci accompagna in “Seventh day”. Qui i suoni si fanno leggermente più scuri, schegge elettroniche cadono qua e là  andando a colorare di preziose asperità  la trama musicale. Segue una parte lenta e malinconica composta dai suoni scarni ed acustici di “I am the wolf”, dai toni ovattati e lucenti di “Torn red heart”, dove le corde brillano squillanti. Sulla stessa linea si muove “Waltzing in blue”, raffinata e delicata con la sua atmosfera sognante. Si vira verso un bel blues con “The wild people”, suoni caldi del delta passano appiccicosi nelle corde del cantante. Si va a chiudere con un altro gran pezzo, la tenebrosa “Death trip to Tulsa” è affascinante come un cobra e velenosamente attraente nella stessa maniera, uno dei momenti migliori di questo eccellente album.

Mi ricordo ancora Manuel Agnelli che parlando della collaborazione con gli altri artisti nella versione 2014 di “Hai paura del buio?”, riferendosi alla rovente versione di “Pelle” interpretata da Mark Lanegan, metteva in risalto la grande professionalità  e bravura dell’artista che aveva voluto cantare in italiano e quanto fosse difficile per uno straniero declamare una strofa come “forse sei un congegno che si spegne da sè”. Un album strepitoso che conferma uno stato di salute artistica in piena auge, ci sono almeno quattro pezzi che si stagliano per bellezza superiore, ma tutto l’album gode di una qualità  mediamente altissima. Il genere varia per tutti gli spazi artistici occupati dal cantante, ci sono brani rock, blues e ballate, ognuno potrà  liberamente scegliersi i propri preferiti, ma tempo e soldi spesi saranno comunque un investimento di valore nel tempo.

Credit Foto: Travis Keller