La chimica che lega e ha sempre legato John Ridgard e Beck Wood, in arte Coves, ricorda da vicino quella che legava i The Kills nei loro primi album. Un intreccio di sensualità , rabbia e buona musica. “Soft Friday”, il debutto del 2014, aveva stupito e divertito giocando con lo shoegaze e la psichedelia più delicata. “Peel” aggiunge un pizzico di rock e di cattiveria alla musica di John e Beck, che dopo il soffice e sognante venerdì di due anni fa sono pronti per il sabato e anche la domenica. Un weekend che profuma di Mazzy Star con l’istinto per i ritornelli accattivanti stile The Raveonettes, del resto sulla sedia del produttore siede benigno Cam Blackwood (uno che si è fatto le ossa con George Ezra e London Grammar).

Un album, questo “Peel”, che inizia con una cavalcata dal gusto tex mex un po’ à  la Yo La Tengo (“Cadavalier”) e prosegue con il minimalismo necessario di “Tripping Over Lust”, il rock sfrenato di “You’re Evil” e quello vivace di “Stormy”. Le tante facce dei Coves, che già  si intuivano in “Soft Friday” vengono alla luce tutte insieme insomma, sbocciano come succede ai fiori prima di diventare frutti. E la sensibilità  radiofonica del duo Beck & John emerge pienamente in “I Just Don’t Care”, “To The Sea” e “See Me Love Me” con quel fischiettio a cui si resiste con difficoltà . “Peel” è un disco di crescita in tutti i sensi, più funky e grintoso, sintomo di una band che non si accontenta di quanto fatto nel recente passato ma punta a cambiare e migliorarsi senza paura anche a costo di correre qualche rischio (l’arrangiamento di “So Empty” ad esempio o quello di “I’m Not Here”).

Un disco perfetto da ascoltare in viaggio, in treno o in macchina, col paesaggio semi primaverile d’inizio aprile che scorre fuori dal finestrino. Magari canticchiando il “could it be the roads we walk would forever go on” di “Tongue Ties”, ispirata dal recente trasloco di Beck & John a Londra (aka “the filthy jewel in our crown“). I Coves versione 2016 sono più decisi, sicuri dei propri mezzi: ormai non si guardano più la punta delle scarpe, come spesso si dice degli shoegazers provetti, ma ti fissano dritto in faccia. Divertenti, gradevoli come una limonata ben zuccherata e corretta da un liceale con pochi scrupoli e qualche vergogna. Pop nel senso migliore del termine. Rock con stile.