Il nuovo disco degli Algiers, sul quale erano state riposte diverse attese, sin dai vari singoli apripista aveva mostrato un certo carattere cosmopolita e messo in luce ancora una volta quell’urgenza creativa e comunicativa che da sempre li contraddistingue, specie sul versante live.

Credit: Ebru Yildiz

Ascoltando “Shook” nella sua interezza questa sensazione di grande forza e compattezza, pervase da una vena ispiratrice di nuovo pulsante, viene assolutamente confermata e, al termine di quasi 55 minuti durante i quali non ci si imbatte mai in inutili riempitivi, ci si rende conto di trovarsi al cospetto di una band che è qui per rimanere a lungo, forte di una personalità chiara e definita, e che intende la realizzazione di un album come un qualcosa di pregnante e che necessariamente va riempito sempre di significati.

Ricco di ospiti e collaborazioni, a integrare più che migliorare la qualità dell’opera, il combo capitanato da Franklin James Fisher innesta nel proprio rap di matrice fieramente militante tante suggestioni differenti, proseguendo tuttavia dritto per una strada già tracciata e ormai segnata in maniera autentica dal loro tocco e dalla loro “visione”.

Scenari urbani e apocalittici contornano liriche ficcanti e corrosive, a iniziare dalla compulsiva “Irreversibile Damage” – che vede la partecipazione di un rabbioso Zac De La Rocha -, passando dalla notturna e alienata “Something Wrong” e da un brano saliente come “Bite Back” (dove intervengono i rapper Billy Woods e Backxwash) che colpisce col suo cupo magnetismo.

Talvolta la musica viene declinata secondo forme meno aggressive ma ugualmente in grado di catalizzare l’attenzione, insinuandosi lentamente come nella magnifica “As It Resounds”, che assume toni solenni lungo la narrazione, altre ammaliandoti pericolosamente (ad esempio in “Born”, con alla voce LaToya Kent del collettivo Mourning [A] BLK Star), più spesso frullandoti in un condensato di atmosfere plumbee ma tremendamente affascinanti: qui i titoli non si contano, passando dall’iniziale “Everybody Shatter”, con la collaborazione di Big Rube, alla profonda e spirituale “Green Iris”, con le sue venature psych-jazz; dalla dilatata e armoniosa “Cleans Your Guilt Here” alla spigliata e multiforme “I Can’t Stand It!”, col valido contributo dell’ospite Samuel T.Herring dei Future Islands.

“Shook” è in sostanza un caleidoscopio musicale assai intrigante, adatto a tratteggiare un continuo vortice emotivo che i Nostri dimostrano di saper domare nel migliore dei modi, riuscendo a destreggiarsi con disinvoltura e ricavandone al contempo un’infinità di suggestioni.