Brillantezza delle canzoni, capacità  di usare gli strumenti e compattezza incredibile dei suoni:ecco in breve la definizione del quarto album di Jesca Hoop, che con “Memories Are Now” ha fatto un lavoro di precisione, creando un diorama efficace e interessante per gli ascoltatori.

La canzone migliore per capire l’idea del diorama e della circolarità  sonora dietro al disco è The Coming”, che si snoda attraverso con dei passaggi alla chitarra distorti, ma comunque estremamente puliti e definiti nel suono.

La voce della Hoop si interseca in mezzo ai pezzi con precisione e decisione, e rievoca esattamente il titolo dell’album: le memorie infatti si costruiscono ad ogni ascolto e canzone dopo canzone viene fuori un disegno musicale, artistico fragile, come se il sound stesso ci chiedesse di preservarlo, proteggerlo.
Tra le trame dell’album si nasconde, ma non troppo, il pezzo “The Lost Sky” che si sviluppa su arpeggi di chitarra veloci e spumeggianti, ma sempre carichi di malinconia.

La vera sfida della Hoop è un pochino quella di Proust, dato che la cantautrice, come lo scrittore, sembra interessata allo sforzo che ci vuole per ricordare e per mettere in moto la memoria.
Il limite del disco è nei testi della Hoop, mai stata particolarmente eccelsa nella scrittura, tuttavia la musica riesce a rendere tantissimo, spostando l’ago della bilancia completamente dalla sua parte.

Nonostante sia un disco molto semplice, capace di sfruttare la semplicità , il lavoro risulta in alcune fasi molto selvaggio, ma non come dei boschi estremi e freddi: l’immagine che ne esce è quella di una campagna piena di vitalità .

Un saggio di Verlyn Klinkenborg, autore e saggista del New Yorker, parla così dell’idea di casa, che sembra essere la stessa che muove la musica della Hoop: A place we carry inside ourselves, a place where we welcome the unfamiliar because we know that as time passes it will become the very bedrock of our being“.

Le memorie si perdono in un disco che tutto sommato ha alcuni pezzi da ascoltare avidamente, altri forse non lasciano un segno evidente, ma rimangono nella mente come qualcosa di irreale. Constantin Brancusi, scultore e artista dei primi del “‘900, inconsapevolmente ha sintetizzato l’idea dietro gli arrangiamenti strani, ipnotici e in parte tribali di “Memories Are Now”: What is real is not the appearance, but the idea, the essence of things.