No non è una parolaccia da fumetto. Il titolo dell’ultimo EP dei Teleman vuol dire semplicemente cinque in tedesco. Cinque come i brani che i londinesi Tommy Sanders, Jonny Sanders, Pete Cattermoul e Hiro Amamiya hanno ideato collaborando con produttori diversi, tutti dal solido background dance o elettronico: Timothy J. Fairplay, James Greenwood in arte Ghost Culture, Bullion, Oli Bayston dei Boxed In e Moscoman. Un bel cambiamento per i Teleman, che si erano affidati all’ ex Suede Bernard Butler per “Breakfast” e a Dan Carey (Bat For Lashes, Kate Tempest, Nick Mulvey) per “Brilliant Sanity”. “Fà¼nf” prova ad andare in una direzione diversa rispetto al passato ma il sound del quartetto resta più o meno lo stesso.

Un piede ben piantato negli anni ottanta l’altro nell’indie di inizio millennio, i sintetizzatori in primo piano, le chitarre che seguono a distanza di sicurezza. Allegramente in bilico tra adrenalina da dancefloor e synth pop ben fatto e ben arrangiato. A dimostrarlo è soprattutto “Bone China Face” che unisce lo spirito melodico dei quattro londinesi allo stile incalzante di Ghost Culture. I Teleman sono sempre stati una band con uno spiccato senso dell’umorismo e non rinunciano a metterlo in mostra nemmeno in “Fà¼nf”, scrivendo testi venati di sarcasmo e ironia (“The pink drips dripping to the ants upon the pavement / It tastes pretty good then it’s gone / Well that’s like my definition of love” si lasciano scappare in “Spectre” per chiudere con un desolante ma pragmatico “Happiness can break your heart so let’s not even start” in “Nights On Earth”).

C’e’ una strana tensione che attraversa i venti minuti di “Fà¼nf”. Si sente soprattutto in “Rivers In The Dark” prodotta da Bullion, col suo intro di batteria e basso e quel ritornello che insegue i pensieri più malinconici (“Rivers In The Dark So Cold“). Tommy Sanders, Jonny Sanders, Pete Cattermoul e Hiro Amamiya vincono una scommessa con se stessi dimostrando di saper rendere al meglio senza lasciarsi sopraffare dalle idee del produttore di turno. E se Michael Stein e Kyle Dixon dei Survive non fossero disponibili per la terza stagione di “Stranger Things” i Teleman potrebbero tranquillamente sostituirli (“Repeater”sarebbe particolarmente adatta).