Attiviamo il radar e scandagliamo in profondità  un universo musicale sommerso. Ogni settimana vi racconteremo una band o un artista “‘nascosto’ che secondo noi merita il vostro ascolto. Noi mettiamo gli strumenti, voi orecchie e voglia di scoperta, che l’esplorazione abbia inizio (e mai una fine)”…

Si fomano in quel di Buffalo, New York nel lontano 2004 i Daysleepers, sotto la spinta di Jeff Kandefer che raduna un gruppo di amici, già  attivi in altre band, per iniziare un progetto di matrice indie-rock ma con una forte componente atmosfera ed eterea. Il primo EP “Hide Your Eyes” escealla fine del 2015 e raccoglie numerosi consensi tra gli appassionati del genere, si dice addirittura da pesi massimi come Ulrich Schnauss e membri di Slowdive e Cocteau Twins.   Se “Mesmerize” si muove avvolgente quasi trasportando band come Ride e Revolver in un contesto più sognante ecco che un brano come “Stars On Fire” diventa un vero e proprio manifesto del sound con i suoi 9 minuti capaci d’incrociare gli anni ’80 dei Cure con i ’90 degli Slowdive.

A fine 2006 arriva il secondo EP “The Soft Attack” che comprende 7 brani. In alcuni frangenti emerge un lato più carico e pulsante rispetto all’esordio, sebbene le coordinate eteree non manchino mai. L’apertura con la traccia che da il titolo all’EP, ad esempio, è di quelle che lasciano il segno:

Permangono i riverberi (“Moonfrost”) e la capacità  di spezzare vincoli temporali e spaziali, facendoci fluttuare (“Mother Ocean”) ma è davvero impossibile restare impassibili davanti all’ottimo lavoro ritmico di “Lightforms (A Space)”:

Dopo questi due interessanti biglietti da visita, nel 2008 è tempo di concretizzare il discorso con l’album d’esordio “Drowned In A SeaOf Sound”. La band è rodata alla perfezione e tutte le pulsioni e le influenze dei due EP sono plasmate alla perfezione, mentre le voci di Jeff Kandefer e Elizabeth Gimbrone si perdono nei suoni e la sezione ritmica si dimostra ancora una volta agile e competente in modo da rendere vitale il suono. La band non cerca praticamente mai il muro di suono, preferisce muoversi liquidamente, evocando Cure e Cocteau Twins senza però perdere per strada un gusto più indie-pop-rock. “Release The Kraken” apre soavemente le danze, introducendoci alla perfezione nel sound della band:

“Distant Creatures” mette in mostra ancora una volta un lato onirico e vaporoso:

Dopo l’album esce una raccolta di b-side e materiale demo inedito, “Waves of Creation: Remixes, B”‹-“‹Sides & Demos” che nella versione di Bandcamp viene impreziosita con il singolo “Dream Within A Dreamworld”, uscito nel 2014, che davvero pare un perfetto incrocio tra Cure e Smiths avvolti da una leggera e magica coltre dream-pop.

Ci vuole un po’ di tempo per ritrovare la band, ma quando accade ci accorgiamo che nulla è andato perso. “Creation” esce il 6 luglio del 2017 ed è affascinante a dire poco. Il brano è un tuffo nel riverbero, mentre chitarre e synth riempiono il suono e la batteria si fa più secca e marziale del solito. La gravità  è davvero un pallido ricordo.

Nell’ottobre del 2017 tocca a un nuovo brano, seconda anticipazione di un disco previsto per il 2018. Stiamo parlando di “Sundiver”. Il suono è sempre molto pieno, evocativo e suggestivo, decisamente di più che nel passato, ma sono loro, c’è poco da fare. Altro gran pezzo. Da notare come nei due ultimi brani la band su Bandcamp è riportata di 3 elementi, manca Elizabeth.

L’ultimo assaggio dall’imminente (speriamo) album è del discembre 2018. In primis notiamo con piacere il ritorno di Elizabeth, ora segnata con il cognome di Kandefer. Qui torniamo un po’ a qualcosa di più classico e morbido, con il classico profumo dream-pop che accoglie reminescenze Cure. Attendiamo con la massima fiducia il disco!