Negli ultimi vent’anni la tecnologia ha fatto passi da gigante. Pensate al buon Jean-Benoà®t Dunckel degli Air: nel video di “Kelly Watch The Stars” – singolo estratto dall’album di debutto del duo francese, il capolavoro “Moon Safari” del 1998 ““ si fece immortalare insieme al compagno di avventure Nicolas Godin nel corso di una tesissima partita a Pong, l’antenato di tutti i videogiochi. Oggi invece preferisce guardare decisamente più lontano e in “H+”, seconda opera a suo nome dopo “Darkel” del 2006, mette da parte il fascino per il vintage per esplorare temi ultramoderni come lo sviluppo delle intelligenze artificiali, la singolarità  e il transumanesimo. Abituati come siamo agli scenari apocalittici immaginati da Charlie Brooker in “Black Mirror” o Alex Garland in “Ex Machina” dovremmo aspettarci una visione altrettanto pessimistica da parte del musicista di Versailles, che con gli Air ha sempre guardato con una certa nostalgia a un’idea di futuro dal forte gusto rètro (pensate a “Le Voyage Dans La Lune”, il disco del 2012 ispirato al film muto dallo stesso titolo realizzato da Georges Mèliès nel 1902).

Nulla di più falso: in “H+” Dunckel sembra volerci dire di non temere le nuove tecnologie, bensì di accoglierle a braccia aperte; anche (anzi, soprattutto) quando si fanno invasive e diventano parte di noi. Prendete il placido pop alla Kraftwerk di “Transhumanity”, ad esempio: qui, con la solita fragile voce dal fortissimo accento d’Oltralpe, ci invita ad “aprire le nostre menti” e “allungare le nostre vite”. Nei prossimi anni le scoperte scientifiche porteranno alla nascita di uomini le cui esistenze non avranno mai fine (Here come the new men/Their life has no end). Non ci credete? Peggio per voi: l’era spaziale alle porte non è compatibile con una “mente da età  della pietra” o un ego smisurato, come ci sussurra Dunckel tra le note leggerissime di “Space Age”. Una tale fiducia incondizionata nel futuro non poteva non tradursi in un approccio leggermente più moderno alla musica elettronica. Lontano dagli Air, JB Dunckel tenta la via danzereccia nel funk robotico di “Carpet Bombing” e nella disco music di “Kill For You”. Altrove dominano le raffinatissime atmosfere che, insieme all’amico Godin, lo hanno reso celebre in tutto il mondo: degne di nota quelle tipicamente downtempo dei due brani strumentali, “Qwartz” e “Ballad Non Sense”. Perchè il matrimonio tra uomo e tecnologia potrà  anche trasformarsi in un evento positivo per la nostra evoluzione, ma i vecchi “safari lunari” sanno ancora riservarci qualche piacevole riscoperta.