Ci hanno messo sei anni Ty Segall e Tim Presley aka White Fence (nonchè membro dei The Nerve Agents e fondatore dei Darker My Love) a dare un successore a “Hair”. Secondo album in beata collaborazione (loro preferiscono chiamarlo mind ““ melt, alla faccia di Spock) e titolo corto e conciso come d’abitudine: “JOY”.

Un disco all’insegna del divertimento puro e semplice, come dimostra anche il trailer: un Ty Segall che rotola giù da una collina in una prodezza à  la Jackass. In copertina una foto in bianco e nero di Ty & Tim con in braccio un cane e un gatto, giusto a ribadire che gli opposti si attraggono (anche se opposti i due musicisti non lo sono mai stati in verità ).

L’inizio è quasi marziale con una “Beginning” che procede spedita trascinata da un’insistente batteria, dalla chitarra di Segall e dai coretti agrodolci di entrambi. Forse per farsi perdonare la lunga attesa, Ty & Tim non perdono tempo e cercano di mettere in musica più idee possibili. Quindici brani in mezz’ora, durata media poco più di due minuti da bravi garagisti smodati quali sono e restano. Poche le eccezioni come la sconclusionata “Hey Joel, Where You Going With That?” (quasi tre minuti) o “She’s Gold” che sembra una maratona con i suoi cinque minuti.

C’è un po’ di tutto in “JOY”: garage e psichedelia, momenti semi acustici (“Please Don’t Leave This Town”, “My Friend”) armonie sixties, momenti di pazzia pura e semplice (come descrivere altrimenti i ventotto secondi di flauto no wave di “Rock Flute”)?. Un disco poco rifinito, spesso dipersivo, che non cerca la perfezione ma prova a catturare le emozioni in presa diretta. Nessun compromesso, nessuna finzione: il sound graffiante di due amici che si mettono a suonare e registrano tutto. Senza neppure provare a dare un ordine logico alle mille idee che vengono fuori dalle loro menti vulcaniche.

Questo è il maggior difetto della seconda collaborazione ufficiale a firma Ty Segall e Tim Presley, che si cimentano su una distanza doppia rispetto a “Hair” (ben più conciso e trascinante con i suoi sette brani) non resistendo alla tentazione di inserire diversi riempitivi (tipo “Room Connector”) di cui non si sentiva francamente il bisogno.

Di “JOY” alla fine resteranno le canzoni più formate e definite (“Good Boy”, “Body Behavior”, “A Nod”, la distortissima “Grin Without Smile”, “Do Your Hair”, la già  citata “My Friend”) mentre molte altre si perderanno nella vasta produzione solista e di gruppo del sempre più prolifico Segall. Se cercate assoli millimetrici e virtuosismi non è il disco che fa per voi. Se amate l’avventura e il disordine musicale benvenuti nel pazzo mondo di Ty & Tim. Ma da loro era lecito aspettarsi qualcosa di più.

Foto Credit: Denèe Segall